Nero in dissolvenza



michelangelo merisi
Nero in dissolvenza
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È un bel romanzo, Nero in dissolvenza: un bel noir denso di fumo di sigarette, nebbia e cattiveria, scritto da Michelangelo Merisi (che ovviamente, è uno pseudonimo).
Una storia di provincia, come è giusto che sia un giallo italiano; una storia in cui il protagonista, il fotografo Alessandro, si trova invischiato suo malgrado, trascinatoci da una donna bella e sensuale; una storia cui non manca nessuno dei requisiti del noir. In primo luogo le tre S, sangue, soldi e sesso; poi un poliziotto, anzi una squadra di poliziotti tosti e pronti a torchiare il loro uomo; e infine, ma non meno importante, un’atmosfera cupa, sia da un punto di vista meteorologico, visto che la vicenda si snoda tra fine novembre e feste natalizie, sia da quello psicologico, dal momento che i personaggi che si muovono attorno ai protagonisti sono spesso schiacciati dal dolore, o resi ambigui dal sospetto e dalla paura.
La trama, com’è ovvio, qui non può essere che appena accennata: trae origine da un suicidio, quello del cugino del protagonista, cui non è facile dare una spiegazione, e continua con altre morti, ricatti e menzogne, fino al finale, che tiene fede al titolo del libro: nero, e in dissolvenza.
All’ultima pagina ci si arriva d’un fiato, con la voglia di scoprire come va a finire la storia, il che rimane lo scopo primo di ogni buon giallo o noir; e ci accompagna la scrittura di Merisi, adeguata alla materia che descrive, rapida e nervosa, spesso cupa, mai arida.
Un solo piccolo appunto: la storia è contemporanea, come testimonia l’uso frequente di cellulari e computer, ma uno dei collaboratori del grintoso commissario Manetti viene identificato come un appuntato, grado non più in uso nella polizia di stato italiana da un bel po’ di anni.
Una piccolezza, naturalmente, che non toglie niente ai meriti del libro. (ugo mazzotta)

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Joy