Niente è più bello del buio più oscuro

WILLIAM T. VOLLMANN

William T. Vollmann è considerato uno degli scrittori più innovativi ed esplosivi fra quelli che animano il vivace mondo della letteratura contemporanea americana. Imprevedibile, caustico e irriverente, la sua produzione letteraria è arrivata in Italia con colpevole ritardo rispetto al suo debutto americano avvenuto nel 1987, tuttavia nel giro di pochi anni è riuscito ugualmente a catalizzare l’attenzione di critici e lettori. Le sue storie sono ambientate nelle metropoli e nelle zone più a rischio, quelle di confine dove i diritti umani sono facilmente calpestati o ignorati. Passa con leggerezza da storie di droga nel sud est asiatico, a quelle di guerre fratricide nella ex Jugoslavia e Afghanistan, fino a mostrarci il variegato popolo sommerso che anima le periferie delle metropoli. Ciò che colpisce maggiormente nella sua ampia produzione letteraria e la mancanza di forzature, la semplicità nella narrazione degli eventi che permette anche alla storia più assurda e visionaria di specchiarsi nel reale e di acquistare connotazioni facilmente riconducibili alla vita di tutti i giorni. Grazie a uno stile aspro e incisivo, a suo modo rivoluzionario, Vollmann ha regalato pagine di rara bellezza come quelle che compongono la raccolta “I racconti dell’arcobaleno”. Tredici storie intense ed emozionanti strutturate come un viaggio nello spettro dei colori. Storie dove protagonisti sono personaggi abituati a vivere in equilibrio precario, sempre pronti a superare l’immaginaria linea di confine, la porta che si apre su un mondo di illegalità e perdizione, solitudine e alienazione. Punk e skinhead, prostitute, zombie e angeli descritti abbandonando i classici stereotipi, illuminandoli al contrario di una luce nuova e originale che riesce nell’intento di conferire un qualcosa di eroico e unico anche alle figure più squallide ed emarginate. Le storie di Vollmann non sono mai di facile definizione e risulta pertanto impossibile farle rientrare in un genere piuttosto che in un altro. Anche quando parla d’amore, come in “Le incarnazioni dell’assassino”, lo fa senza abbandonarsi a espedienti strappalacrime, mantenendo intatta la forza cruda e devastante delle parole. In questa ottica la ricerca dell’amore diventa ricerca di se stessi, un viaggio che può portare alla salvezza e alla redenzione, ma solo passando attraverso la malattia e la morte. Raccontare storie d’amore, pertanto, dal punto di vista di Vollmann può essere l’espediente, il punto di partenza per affrontare problemi di più ampio respiro. E’ questo il caso di “Manette. Istruzioni dell’uso” dove, sullo sfondo di una struggente ed estrema storia d’amore, si muove una satira irriverente della società americana in profonda crisi fra conflitti generazionali, violenza e convinzioni guerrafondaie. Alla fine di tutto rimane un sogno, utopico forse, ma ugualmente vivo e denso di una sensazione di speranza che nemmeno la paura, la cattiveria e la violenza dell’uomo, il suo cinismo, riesce a dissolvere completamente.

Ferdinando Pastori

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