Oltre la soglia… con Tito Faraci

Nei mesi scorsi è arrivato in libreria Oltre la soglia (Piemme) un romanzo young adults scritto da Tito Faraci. MilanoNera l’ha incontrato.

Com’è passare dalla sceneggiatura di fumetti al romanzo per young adults?
Un trauma. Anche benefico, ma un trauma. Scrivere fumetti significa, in realtà, sceneggiarli. Progettare una storia. Con la narrativa, il rapporto fra autore e storia è più diretto, intimo. Non è che una forma di scrittura sia migliore dell’altra, intendiamoci, ma di certo sono diverse. E ho dovuto imparare, tornare a farlo, dopo tanti anni in cui ho sentito di avere in mano gli strumenti per scrivere e di sapere come usarli.

Che “accorgimenti” hai utilizzato nello scriverlo perché fosse adatto a questo pubblico?
Nessuna condiscendenza, innanzitutto. Scrivere per ragazzi significa allargare il proprio pubblico, non restringerlo. Ho scritto una storia pensando che l’avrebbero letta anche loro, dei ragazzi. Non soltanto loro. Ha per protagonisti dei ragazzi, adolescenti. Oltre la soglia racconta qualcosa di quell’età che ti resta dentro per sempre, anche da adulto. In ogni caso, non mi sono posto particolari limiti: è una storia cupa e, a tratti, molto violenta. Più di qualunque fumetto “per adulti” io abbia mai scritto.

C’è davvero una differenza fra i libri scritti per YA e quelli per adulti o il legame è sempre più flebile?
Siamo davvero su un territorio di confine. Per quanto mi riguarda, credo che la differenza sia nelle tematiche, non nello stile. Avrei scritto Oltre la soglia con questo stile, in ogni caso. Non mi sono posto il problema di renderlo “adatto ai giovani”. La sola idea mi infastidisce.

Stai pensando ad una graphic novel tratta dal tuo libro o preferisci non mischiare i tuoi campi di competenza?
Preferisco non mischiare. Per una volta, non ho dovuto descrivere tutto e tutti, come inevitabilmente si fa sceneggiando. Mi piace che i personaggi di Oltre la soglia mantengano un certo livello di… indefinitezza. E lo stesso vale per la loro città, anche se qualcuno – con buona ragione – ci ha riconosciuto Milano. Una Milano nera, nerissima.

paolo roversi

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