Peggio per chi resta – Valeria Corciolani



Valeria Corciolani
Peggio per chi resta
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Inizio aprile: un fine settimana di tre giorni in Val d’Aosta. Jules Rosset ha deciso di concedersela con Alberto, suo figlio, e ha preteso la compagnia di Alma, dei quattro gemelli e di Alfonsina, e dunque suocera compresa, ai quali vuol far conoscere la terra dove è nato e cresciuto. Insomma una breve vacanza familiare allargata Ma chi la fa l’aspetti perché intanto i problemi cominciano con il carico. Ecco, insomma, riuscire a infilare sia pur in un grande e comodo pulmino a nove posti gli “indispensabili” bagagli di cinque adolescenti e tre adulti si dimostra un’impresa da stendere un titano. Il nervosismo serpeggia stuzzicato dai compromessi abitativi fino a quando, finalmente, in virtù di una fitta rete di elastici, il mezzo di trasporto, trasformato in un informe bozzolo è pronto a partire (o a esplodere). L’incertezza da pseudo migrazione turistica, il viaggio lungo, ma non tanto, il clima a bordo non troppo vacanziero con i ragazzi persi nell’elettronica, Jules, taciturno e immusonito, Alma silenziosa e la signora Alfonsina in attesa, non quagliano tanto. Quando finalmente si arriva al punto di svolta, Quincinetto, e il pulmino sbocca in Val d’Aosta e quando poi lasciata l’autostrada cominciano finalmente ad arrampicarsi verso Cogne, l’atmosfera cambia subito e in meglio. Monti innevati, prati sterminati e verdi, mucche, foreste e boschetti lasciano i nuovi arrivati senza parole e sopraffatti. Ecco allora, aveva ragione Jules… e tuttavia se l’idea era di regalare ai suoi protagonisti una vera vacanza, vuol dire che non conosciamo ancora la ironica malizia di Valeria Corciolani. La realtà, lo vedrete leggendo, sarà ben altra cosa. Intanto, appena il tempo per tutta la banda, di scendere dal pulmino che volente o nolente Jules si trova subito impantanato in uno specie di caso. Che poi a conti fatti è una storia che sconcerta e mette i brividi addosso. Come primo impatto sullo stomaco, intanto Lia Favre, amica di infanzia e suo primo amore, è scomparsa senza lasciare tracce. Ha chiuso la porta di casa e puff … nessuno l’ha più vista. E da quel giorno la sua cagnona Bonnie l’aspetta e la cerca desolata e inquieta, annusando l’aria speranzosa nel suo ritorno ma… Insomma per Jules è uno scontro diretto, un sofferto impatto con i ricordi e l’immediata scoperta che il suo passato era rimasto sempre là, appollaiato sulle spalle. Una vacanza quella di Jules che all’improvviso diventa un viaggio, oltre che nello spazio, anche nel tempo: riportandolo a quando giovanissimo, si arrampicava e cresceva tra le sue montagne, alle prime avventure, al primo innamoramento, alla prima grande delusione e al suo primo lavoro in polizia. Ma è un passato che ritorna, s’impone con prepotenza, vuol parlare, spiegarsi e la misteriosa sparizione di Lia Favre finirà con incrociarsi con le spinose e testarde indagini condotte dalla viceispettrice Piera Jantet su un presunto strano caso di suicidio, sei mesi prima. Un detenuto condannato a venticinque anni di carcere per omicidio e che si è sempre dichiarato innocente, si è tolto la vita in un modo atroce nella casa circondariale di Brissogne e Aosta. C’è un qualche messaggio in quel suicidio? Voleva dire qualcosa? Anche perché poi, “merde de la vache putaine”, la condanna di quel detenuto riguardava direttamente Jules Rosset. Era stato proprio il suo primo caso di omicidio… Insomma ci vorrà la capacità di osservazione e il finissimo acume di Alma. la sua profiler personale, per aiutarlo a sbrogliare alla svelta l’astruso bandolo della matassa che lega presente al passato. A dar loro manforte l’immancabile fiuto dell’Alfonsina, coadiuvata questa volta dai tanti utili indizi forniti dalla memoria e saggezza contadina della signora Bruna e soprattutto dalla agguerrita sorridente sottigliezza della viceispettrice Piera Jantet, una specie di doppio al femminile, salvo il sorriso ingannatore e la rotonda stazza fisica. Molto diversi tra loro fisicamente, la Jantet e Rosset, ma sullo stesso binario in quanto a risolutezza e sagacia, entrambi testardi, ostinati nel voler andare fino in fondo e perciò spesso poco amati da colleghi e superiori. E la loro sarà una complicata, funambolesca ma suggestiva indagine che rimanda ad antichi giochi infantili che solo Lia sapeva fare. Un’indagine che si compone alla fine in un perfetto puzzle formato da tanti  e particolari indizi rivelatori. A cascata e lasciati apposta da Lia dietro di sé, dedicati a Jules con lo scopo di consentirgli di far luce e risolvere un delitto di ben 15 anni prima. “Peggio per chi resta” quinto volume della serie La colf e l’ispettore di Valeria Corciolani stavolta è basato soprattutto sul passato. Quel passato che crediamo di aver dimenticato, di essere riusciti a buttarcelo dietro le spalle e invece talvolta torna a presentarci il conto. Un passato che verrà resuscitato attraverso una “vera” caccia al tesoro che coinvolge anche il lettore nella ricerca della verità a ogni costo per quanto difficile e dolorosa sia. Anche se con i protagonisti dovremo scoprire che “è male per chi va”, ma a volte forse è “peggio per chi resta”. Un’altra avventura, la quinta per Alma e Rosset, un’avventura che ci consente di scoprire impulsi e reazioni del nostro duo, aspetti personali sia di Alma – a lei a conti fatti la trasferta è servita ad aprire gli occhi e a farle accettare la volontà di rimettersi in gioco e sul serio con il dentista – e le umane reazioni di Jules, l’ossuto, solitario ispettore Rosset, il suo bisogno di rapporti di amicizia, di sinceri affetti mentre i mai dimenticati ricordi che ce lo descrivono più fragile lo fanno sempre più simpatico. Una breve ma drammatica e importante avventura in cui, a conti fatti lo splendore della vette, il verde dei prati e il muggire delle mucche non ci fanno rimpiangere l’ambientazione e le dolcezze della ligure costa marinara dei quattro precedenti capitoli Alma/ Rosset. Valeria Corciolani, che non ci tradisce mai con la sua intrigante e intelligente scrittura, ci regala un altro romanzo specialmente particolare direi e più intimistico forse. Un romanzo da meditare e assaporare, pur sapendo che ci lascerà un leggero un retrogusto amaro. Ma è un amaro che fa sentire un buon sapore di giustizia anche se, ohimè, troppo spesso maltrattata e tardiva.

Patrizia Debicke

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