Real world



Natsuo Kirino
Real world
Neri Pozza
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Cos’è la realtà? Ne esiste una soltanto, o ciò che definiamo realtà è una serie di mondi collegati fra loro, come le stanze di una casa o le isole di un arcipelago?
Senza impantanarsi in discorsi pseudofilosofici, poco attinenti al genere, né indulgere in ben noti pirandellismi, il romanzo Real World, della scrittrice giapponese Natsuo Kirino, presuppone l’esistenza di tanti mondi, che ciascuno di noi varca (o crea) in base alle proprie azioni, una sorta di karma pre-morte.
Accade questo, il valico da un mondo all’altro, a uno dei narratori/protagonisti del libro, un adolescente di Tokyo che gli altri si divertono a dileggiare chiamandolo Vermiciattolo. L’azione che lo porta da un mondo all’altro è l’omicidio della madre, uno di quegli atti da cui non è possibile tornare indietro, che danno vita a un prima e un dopo. Prima c’è un mondo, poi un altro: semplice e chiaro.
Il prima è la cosiddetta vita normale (andare a scuola, studiare, tornare a casa, parlare con mamma e papà, telefonare agli amici, incontrarsi e scontrarsi nell’affollata Shibuya con ragazzi vestiti e travestiti come nei manga, magari leggere un libro o maledire l’assenza del padre impiegato in camera da letto). Il dopo è un’esistenza nuova: la vita – e quindi il mondo – del ragazzo diventa quello di un ricercato dalla polizia, additato da tutti come un osceno assassino, perché il matricidio di cui si è macchiato è uno degli atti più immorali e inspiegabili che esistano. Il suo zigzagante presente senza più costrizioni e senza rimpianti o inibizioni morali, la sua fuga in bicicletta lungo i quartieri immensi e assolati di Tokyo (l’azione si svolge in un torrido agosto in questa megacittà sempre un po’ fuori dal tempo perché costantemente proiettata nel futuro) è il mondo in cui l’omicidio della madre ha catapultato il Vermiciattolo, e in cui è catapultato il lettore insieme alle quattro amiche che per caso si trovano invischiate nell’azione e nel racconto.
Oltre a condividere (ciascuna a suo modo) la fuga dell’assassino, tutte e quattro le ragazze aggiungono un pezzo di narrazione al puzzle della storia, dando vita a un romanzo a più voci (cinque in totale) che ciascun narratore/personaggio riprende più o meno dal punto in cui lo aveva lasciato chi lo ha preceduto, evitando quelle sovrapposizioni di registri e testimonianze di cui si è già visto in narrativa (per citarne uno, le Foglie morte di Gabo Marquez o, per restare in Giappone, il film Rashomon di Akira Kurosawa, tratto da un raffinato racconto di Ryunosuke Akutagawa, e che certamente rimanda alla lezione pirandelliana della realtà come interpretazione).
Anche se un po’ lenta in alcuni passaggi, la storia del Vermiciattolo e delle quattro amiche, tutte diversissime fra loro e tutte con un bel soprannome da frapporre tra loro stesse e la vituperata e agognata realtà, è un noir scritto con una scrittura razionale che lo rende affilato come un coltello e impietoso come il presente che descrive, che è il vero protagonista, o comunque il centro, di tutta la narrazione.
Scritto nel 2003, pubblicato in Italia nel 2009 per i tipi di Neri Pozza, Real World vuole essere, oltre a una descrizione sulle modalità di transizione da un mondo all’altro e da una realtà all’altra, una riflessione sulla normalità della vita di tutti i giorni. Quanto è folle ciò che facciamo? Quanto e cosa separa il nostro stile di vita irreprensibile da un atto devastante come un omicidio? Siamo davvero così lontani dall’essere matricidi, oppure ciascuno di noi è un funambolo che si muove in bilico sulla corda della follia? Cosa si nasconde dietro la maschera della quotidianità? In questa domanda sembra tornare Pirandello, ma con un’importante variante: l’autrice giapponese, a volte accostata impropriamente per temi e stile ad Haruki Murakami, non sembra interessata tanto a scandagliare i concetti di verità e di soggettività della verità, quanto di far capire al lettore che ciò che egli crede normale e quotidiano nasconde un sostrato puteolente e sgradevole, che può venire a galla da un momento all’altro, come un cadavere di un annegato dalle profondità degli oceani.
Catapultando improvvisamente ciascuno di noi, e senza ragione, in un nuovo mondo.
Che potrebbe non piacerci, che potrebbe annientarci.

 

 

Marco Scarlatti

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