Ritorno nella valle degli angeli



francesco carofiglio
Ritorno nella valle degli angeli
marsilio
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La morte del padre costringe Vincenzo Lauria, giornalista quarantenne che vive a New York, a tornare dopo quindici anni ad Aquilana, sua terra d’origine.
Una terra di cui aveva sradicato una a una le radici dall’anima.

Nella casa che lo ha visto crescere ora vive uno zio ormai anziano, unico superstite della famiglia d’origine, con la giovane moglie, che Vincenzo non ha mai conosciuto.
I lunghi anni di lontananza fanno sì che abbiano ben poco da dirsi. Tra le vecchie mura, isolato dal mondo, affiorano i ricordi del passato.
Una ad una le figure della sua infanzia si affacciano nella memoria; il fratello maggiore Giovanni, amato e ammirato, misteriosamente scomparso quando Vincenzo era ancora adolescente, la madre lacerata dal dolore della perdita, il padre in Germania per lavoro.
La natura ancora selvaggia e i paesaggi deserti della valle, sembrano sussurrare voci e storie cariche di inquietudini e mistero. In soffitta gli oggetti appartenuti alla nonna che raccontava di magie e fattucchiere e i nastri di Radio Pirata, una radio indipendente degli anni della sua infanzia, riportano a galla i fantastmi di un’altra vita.
Infine l’apertura del testamento del padre e una drammatica notte piena di sorprese scioglieranno ogni sottile legame con il passato per consegnare definitivamente Vincenzo alla sua nuova vita. Ma le cose non sono mai come sembrano.

Ben descritta la catarsi di Vincenzo, il ritorno alla terra natale, il rivivere i dolori e le sofferenze del passato, le scoperte e il distacco. Tutto avviene nella mente di Vincenzo, il ritmo della scrittura dà il tempo dell’intensità delle sue emozioni, quieto inizialmente, serrato quando i fatti lo sopraffanno.

Hai ambientato il tuo libro in un una valle immaginaria dell’entroterra foggiano, perché questa scelta e non nella tua città, Bari?
La storia è ambientata tra Puglia e Basilicata. I luoghi sono il contraltare di due vite, da una parte New York, quindi il presente, dove Vincenzo vive insieme con la sua compagna un’esistenza risolta e serena. L’altro è il paese della sua infanzia, Aquilana, e una casa immersa nella valle, bellissima e misteriosa. Volevo che la vita di Vincenzo fosse segnata da luoghi lontanissimi e differenti. Quasi la metafora di due vite.

Vincenzo è un emigrante, figlio di un emigrante, a differenza del padre taglia ogni legame con la terra d’origine. Lo definisci un uomo senza radici, che non sapeva in cosa riconoscersi, in quale faccia, colore del mare, del cielo, suono del mondo. Pensi che sia veramente possibile cancellare le proprie radici?
Qualcuno a me caro dice che le radici sono una scelta. Vincenzo ha fatto la sua, ma i ricordi del passato irrompono imprevedibilmente e abitano in un crescendo di inquietudini e mistero i giorni del suo ritorno a casa. Non credo che sia possibile cancellare la memoria, bisogna prima o poi fare i conti con il proprio passato. Tagliare dei fili, se è necessario, o magari riannodarne altri che abbiamo reciso.

E tu, dove sono le tue radici?
Io ho radici di vite diverse. La Puglia, che è la terra di mio padre, dove sono nato, la Sicilia, la terra di mia madre, che conosco poco ma a cui sono fortemente legato dal filo misterioso dei racconti della mia infanzia. E poi ci sono i luoghi della formazione, del viaggio, della vita che voglio vivere. Le mie radici sono mobili.

Racconti di una radio libera indipendente, per caso è anche una tua esperienza personale?
Chi ha vissuto l’adolescenza tra gli anni settanta e ottanta ha il suono di una radio libera nella propria personalissima colonna sonora. Io ricordo perfettamente il suono di quegli anni, la ricerca affannosa della sintonia, i dischi in vinile, la voce degli speaker, persino le pubblicità ingenue e confidenziali. La radio aveva il potere straordinario, ce l’ha ancora oggi, di lasciarti intuire i suoni e i colori del mondo. Senza mostrarteli.

Anche qui, come ne “L’estate del cane nero”, due fratelli: casualmente il maggiore si chiama Giovanni …
Nel “cane nero” i protagonisti erano amici, legati da un affetto fraterno, uno di loro aveva un fratello … In questo caso la storia è concentrata su Vincenzo. Il suo presente, e il suo passato. Nel suo passato c’è un fratello, più grande di lui, che ha rappresentato il punto di riferimento della sua infanzia. Calciatore pieno di talento, inseguito dalle ragazzine, il sorriso seducente e gli occhi di ghiaccio. Poi però succede qualcosa, Giovanni sparisce per sempre dentro il tunnel che ha risucchiato molti ragazzi in quegli anni. E il ricordo muta. No, questa non è la mia storia e il fratello di Vincenzo per fortuna non somiglia al mio. Ho scelto quel nome perché è un nome bello e rotondo, come la parte migliore della vita che Vincenzo vorrebbe conservare.

ambretta sampietro

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