Roma Caput Mundi, L’ultima battaglia



Andrea Frediani
Roma Caput Mundi, L’ultima battaglia
Newton Compton
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Terzo ed ultimo episodio della saga Roma Caput Mundi di Andrea Frediani, legata all’epopea di Costantino, uno dei personaggi più discussi ma determinanti della storia occidentale. Costantino, figlio di Costanzo Cloro (Cesare di Massimiano, poi suo successore e Augusto). E magari ricordate tutti che quando Diocleziano, benintenzionato e cervellotico creatore della tetrarchia, dette le dimissioni la sua bella “novità” finì con scoperchiare il pentolone della strega: e fu il caos. Tanto per cominciare ci furono problemi tra Massimiano e Costanzo Cloro. Poi con Costanzo Cloro, che in veste di Augusto aveva designato come successore il Cesare Flavio Valerio Severo, ma suo figlio Costantino, il più spregiudicato e deciso tra i potenziali eredi, puntò con ogni mezzo a ottenere il potere da cui è stato escluso. Non si tirò indietro di fronte a compromessi, tradimenti e stragi, fino al vittorioso epilogo nella fatidica battaglia di Ponte Milvio in cui sconfisse Massenzio. Battaglia che nell’immaginario collettivo rappresenta il passaggio di testimone tra gli dèi e il Dio dei cristiani e che lo decretò Augusto.
Poi proprio lui, Costantino, il bravo soldato e generale, l’accorto e crudele politico (e non il santo dell’iconografia cristiana) scelse di puntare sul “cavallo pazzo” del cristianesimo, si fece Imperatore assoluto, e cambiò il volto e l’anima dell’Impero romano, fondando Costantinopoli, la capitale d’Oriente dell’Impero romano, quello che sopravviverà per più di mille anni alla caduta dell’Impero d’occidente, e nel Medievo sarà ancora l’unico baluardo al dilagare dell’Islam verso l’Europa.
Comunque per chi sa un po’ di storia, la figura di Costantino rappresenta una bella sfida. Fu uomo ambiguo, vendicativo, pieno di contraddizioni, un imperatore “cristiano niceno” ma contemporaneamente alleato degli ariani e la massima autorità religiosa pagana.
Solo una cosa è certa, governò con disumana freddezza, eliminando tutti gli ostacoli o presunti tali sul suo cammino e se necessario uccidendoli anche con le proprie mani.
Alla sua morte ricadendo nell’errore di Diocleziano, lasciò cinque eredi tra figli e nipoti, facendo scattare le ingorde trame del vescovo Osio, che era stato l’anima nera sua e di sua madre e l’impero fu subito bagnato di sangue, senza pietà per nessuno.
Tra lotte per il potere fomentate da ambiziosi cortigiani, dissidi tra fanatici religiosi, orge, complotti, rivolte, pericolosi tentativi di usurpazioni, dimenticando troppo spesso che ai confini dell’impero da una parte i persiani e dall’altra i barbari erano in cerca di riscossa, la dinastia regnante presto si assottigliò al punto tanto che  restò al comando uno solo degli eredi, Costanzo. Ma un unico imperatore e per di più complessato e religioso allo spasimo non bastava per governare da Costantinopoli che aveva eletto a sua capitale, un dominio tanto esteso e minacciato lungo i confini. Bisognava ripescare dei cugini, nipoti di Costantino, Gallo e Giuliano gli unici virgulti superstiti delle improvvide stragi familiari. Ma Osio, il ragno velenoso, il burattinaio occulto che in realtà aveva governato dietro le spalle di Costanzo imperatore, riprese a tessere la sua orrida tela. Ben presto ripartirono le lotte di potere e la testa di Gallo cadde. Con Giuliano, coraggioso combattente, l’ultimo rappresentante della famiglia che i cristiani chiameranno l’Apostata, si assisté addirittura al clamoroso ritorno del paganesimo a Roma. Ma  durerà poco e una lancia persiana l’ucciderà. L’impero era ormai al crepuscolo e la sua fine travolgerà tutti. Tutti sopraffatti e condannati dalla tragica epoca in cui vissero. E anche gli dei dell’Olimpo cadranno di nuovo dal piedistallo, cedendo il posto al “falegname ebreo” e, ben presto, il cristianesimo diventerà l’unica religione di stato.
Epopea notevole e molto interessante. Non solo per la memoria storica dei fatti ma anche per la minuziosa ed efficace ricostruzione del quotidiano. Linguaggio descrittivo con ben calibrati toni da suspense cinematografica o televisiva, con stacchi dalla scena nel momento culminante. Ben motivata la psicologia dei personaggi, con emozioni e opinioni tangibili, reali.

Patrizia Debicke

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