Saggio su Jean Claude Izzo – 1.2 Noi e gli altri

I dialoghi schietti, i drammi evocati e taciuti, le biografie dei
protagonisti sono tasselli di una letteratura capace di ridestare la
vita e la coscienza  nel lettore, che viene indotto a meditare sulla
propria condizione. Izzo, attraverso la sua poetica, figura uno
specchio che ribalta gli stereotipi sociali e che riflette le
invisibili fragilità umane: l’odio su tutte.
Spesso la società moderna genera insicurezze e paure che sgraviamo sui
nostri simili, motteggiando l’incompatibilità delle differenze
caratteriali e comportamentali, l’impossibilità della condivisione di
spazi comuni, l’inconciliabilità di culture apparentemente lontane tra
loro.
A ben vedere -raccontano i romanzi marsigliesi-  il confronto con
l’Altro, in ogni sua declinazione, è necessario per comprendere la
complessità del nostro mondo e del nostro essere. Abdul, dopo aver
ucciso Nedim,  si sfoga con Diamantis:

“Sai, la causa non era più la ragazza, fin dall’inizio. […]. Era
lui, la causa. Nedim. Non lo sopportavo più. Non sopportavo più il suo
ottimismo. Era sempre contento. Felice. Trovava sempre un motivo per
essere contento. Anche nei peggiori casini. Si trovava sempre un
angolino in testa dove poter ridere. Speranza. Quello era strapieno di
speranza. Di vita”.
“Abdul…”.
“Aspetta. Ascoltami. Mi sarebbe così piaciuto parlare con te, io e te.
Mi avresti aiutato. Ascoltami… Quando ho cominciato a picchiarlo ho
capito che stavo picchiando la vita, la felicità, tutto questo. Non
lui. Non più, no. Ma quello che lui rappresentava e che io non sono,
che non sono mai stato…Che non sarò mai, Diamantis”.

Il noir di Izzo è una lente d’ingrandimento dell’animo e dell’agire
sociale assieme. L’autore marsigliese non banalizza il disagio, non
trova una soluzione semplice alle incongruità della società attuale;
anzi, talvolta sembra essere rassegnato al destino che incombe su di
noi.
Ma in fondo ci suggerisce che l’unica via possibile da battere è quella
del dialogo, del racconto, del sentimento, persino il più vigliacco se
necessario.
Se questi sono i temi prediletti dallo scrittore francese, Marsiglia
appare come la naturale scenografia delle sue opere: essa è una città
in cui si respira il mare e la vita industriale, dove francesi, ma
anche spagnoli e italiani, convivono con gli immigrati algerini e
marocchini, di prima e seconda generazione, dove il disagio delle
periferie povere multietniche si mischia al disagio studentesco,
operaio e borghese.

Continua…

giancarlo briguglia

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