Il sangue dei baroni



Matteo Strukul,
Il sangue dei baroni
Fanucci
Compralo su Compralo su Amazon

 

Una nuova uscita per il padovano Matteo Strukul, multiforme penna del panorama letterario italiano, scrittore, sceneggiatore e co-direttore artistico del Festival SugarCon, e di quello storico Chronicae.
Mi incuriosisce, mi diverte e mi interessa Strukul che riesce a trovarsi a proprio agio sia scrivendo di noir/pulp di Mila (vedi edizioni e/o, collana sabot/age) che di genere storico, vedi il coinvolgente “fantastorico” (I cavalieri del Nord, Multiplayer), sia il thriller vero e proprio (La giostra dei fiori spezzati, Mondadori).
Il tutto tranquillamente, avvalendosi di azione serrata, dialoghi incisivi, ritmo narrativo incalzante e adattando prosa e stile ai tempi senza farsene un baffoCon Il sangue dei Baroni, un truculento, sabbaticamente sfrenato e gustoso thriller ci regala una nerissima storia pulp, ambientata nella cerchia che gravita intorno alla padronali baronie professorali dell’Università di Padova mentre la spada di Damocle della nuova riforma sta per abbattersi sull’ateneo, falciando ideali e speranze di decine di giovani assistenti universitari. Una riforma capestro, pronta a imporre il mandato unico di sei anni per il rettorato con addirittura la possibilità di sfiduciare la carica, sarebbe però niente rispetto al cul de sac destinato ai ricercatori con i contratti a termine triennali, prorogabili solo una volta. Dopodiché, senza aver ottenuto l’agognata abilitazione, un bel au revoir alla carriera e la fine di ogni speranza di diventare professori. Il pactum sceleris definitivamente segnato, accompagnato da un’incontrollabile dannazione pari alla tormenta di neve di un gelido inverno che sta accecando Padova con un rocambolesco vorticare di gelidi fiocchi.
Le nuove generazioni di universitari, fregate senza scampo alcuno.
Troviamo in questa fiction ben calibrata, la spietata denuncia della vecchia guardia universitaria schierata contro la nuova e della “sicurezza” della cattedra che si approfitta dei ricercatori e li ricatta. La poltrona di velluto rosso contro la debolezza fisica ed economica di chi è costretto a dire sempre signorsì. Il tutto con un implacabile censore che dall’alto controlla e giudica amoralità e passi falsi. Per non parlare di possibile errori e mai sia, orrore: tradimenti. Insomma un marciume di ipocrisie e di falsi moralismi, per non denunciare la corruzione che regna ovunque sovrana. Ma che ci rimanda a tante figure onnipotenti, ohimé presenti nel nostro e altrui quotidiano.
La mano da sceneggiatore di Strukul si ritrova nell’immagino certosino lavoro di ricerca che ha portato all’accurata ricostruzione dei meccanismi che regolano la vita universitaria e la sistematica che governa la scalata di carriere e promozioni. Come sempre, mi pare, Matteo Strukul si è molto divertito a scrivere la sua trama, calcolando puntualmente ogni particolare e ogni personaggio. Imperdibili secondo me: il barone di giurisprudenza Carlo Alberto De Marchi, massone, quasi con le stigmate di un boss mafioso, mandante di pestaggi quando toccato negli affetti più cari; la sua principale vittima Daniele Capovilla che decide di ribellarsi e combattere; Enrico Zaromealla, fantasioso professore universitario e rivale di De Marchi pronto a commettere un delitto sull’altare della carriera. Figure femminili particolari: “arrapate”, belle e spesso tormentate. Su tutte aleggia Maria Luisa Rognoni, in odore di pensione e integerrima rettore della Libera Università di Padova, terrore di ogni sua pedina. Personaggio fatale per una situazione profetica? Certamente all’avanguardia anche perché a oggi pare ancora impossibile immaginare una donna a capo di un Ateneo.
Poi, come non bastasse, Strukul infila nella  sua trama anche un serial killer cacciatore di scalpi femminili che sta terrorizzando Padova. Chi sarà mai? Come andrà a finire tutta la storia? Leggere per sapere.

Patrizia Debicke

Potrebbero interessarti anche...