Simpatie e antipatie giallistiche (prima parte)

Dupin, Poirot, Miss Marple, Sherlock Holmes, Maigret, Nero Wolfe, Peter Wimsey, Philo Vance.

I primi gialli li ho “conosciuti” durante gli anni cinquanta (sono nato troppo presto!) nella bottega del giornalaio del mio paese Staggia Senese in cui c’era spazio anche per libri di vario genere. “Conosciuti” nel senso che li prendevo e li infilavo all’interno dei pantaloni coperti da una lunga maglietta. Poi, con il cuore che mi batteva a mille (e mi immagino anche con la faccia sbiancata), uscivo veloce respirando a pieni polmoni. A mia parziale discolpa posso dire che a quei tempi non avevo mai una lira in tasca e che spesso (non sempre) riportavo il maltolto nella sua giusta collocazione. Senza che il giornalaio si accorgesse di niente. O forse chiudeva un occhio…(quando è morto ho pregato intensamente per lui).

Sempre suppergiù in quegli anni veniva ogni tanto a farci visita il cosiddetto pulmino della cultura popolare provvisto di libri di vario genere da dare in prestito, per cercare di interessare in qualche modo alla lettura noi ragazzacci di strada. Io diverse puntatine ce le facevo (di nascosto per non essere considerato un secchione) anche perché trovavo sempre qualcosa che stuzzicava la mia curiosità. Ed è proprio su questo pulmino polveroso che ho fatto il mio primo incontro con Edgar Allan Poe e “Gli assassinii della Rue Morgue”, pubblicati dalla BUR con una copertina grigiognola che metteva tristezza solo a guardarla. E il primo impatto con Dupin è stato ambivalente. Troppo sofistico, troppo arzigogolato, troppo matematico! E nello stesso tempo così intrigante, così complesso, così inquietante! Mamma mia bella, me lo divorai in quattro e quattr’otto  senza capirci un granché. In seguito lo avrei adorato e nello steso tempo strozzato.

Veniamo a Hercule Poirot. Intanto è belga e non inglese (anche se nessuno me lo ha chiesto). Non è grande e grosso, né tanto meno alto. E’ un omettino piccolo, non arriva ad un metro e sessanta, piccolo ma dal portamento eretto e dignitoso, la testa a forma di uovo , un bel paio di baffi rigidi, vestito inappuntabile che non fa una grinza e un bastone che mi immagino non lasci neppure per andare al gabinetto. Parla un francese scolastico con brevi frasi intercalate nella sua lingua di origine, ha sempre freddo e non si separa mai dalle sue lucidissime scarpe di vernice nera e quasi mai (se non sbaglio) dai guanti che porta perfino nel deserto. Quello caldo, s’intende. Il suo motto è “Ordine e simmetria”. E’ vanesio che più vanesio non si può, presuntuoso e perfino arrogante. Un po’ come Holmes, ma la differenza è che l’arroganza e la presunzione di Poirot fa sorridere perché la Christie sparge sul personaggio una vera e propria cascata di ironia. E poi a questa sua altezzosa arroganza non corrisponde una benché minima carica di violenza naturale. Poirot non porta armi, non sa sparare, non si batte con nessuno. Non farebbe male ad una mosca. E nemmeno ad una zanzara. In “Assassinio in Mesopotamia” riesce a catturare questo piccolo, fastidiosissimo insetto con un bicchiere per poi rimetterlo in libertà fuori dalla porta della sua camera. Refrattario al gentil sesso. Una volta, stuzzicato dal capitano Hastings a proposito di una sua presunta simpatia verso una bella signora, risponde con garbo deciso “Io non mi innamoro. Io osservo”. E’ stato interpretato più volte magnificamente da Peter Ustinov (e da altri meno magnificamente) ma mi pare che David Suchet abbia centrato meglio l’obbiettivo della scrittrice.

Gli imprinting sono duri a morire. All’inizio il piccoletto belga mi stava un po’ sul gozzo. Ed è facile capirlo. Da ragazzo i due miti del mio paese  erano Abelardo Tanzini detto il Bela, una parola e tre moccoli, e Edoardo Migliorini detto Nisio, una parola e tre cazzotti. Immaginatevi un po’ come potevo vedere un tipo come Poirot! Un fighetto, un vanesio altezzoso (ripeto ancora) con quelle sue cellule grigie che più grigie non si può (e il tontolone di Hastings a guardarlo meravigliato). E poi la fissazione per l’ordine e la simmetria, via! Roba da mettermi il prurito addosso. Solo dopo un po’ di tempo ho cominciato ad apprezzarlo, a sorridere dei suoi tic e delle sue manie (con l’attore David Suchet e i suoi passettini corti e veloci è stato un trionfo). Tant’è. Quando uno è duro è duro… si dice dalle mie parti.

Con Miss Marple, invece, amore a prima vista. Sarà che il personaggio era pari pari spiccicato a certe vecchine del mio paese che vedevo ogni giorno intente a ciabattare sulle scale di casa mentre sferruzzavano maglioni a figli o nipoti. E che mi salutavano quando passavo davanti a loro. Altri le consideravano solo brutte pettegole ma a me faceva piacere il loro sorriso e qualche frase riferita al mio continuo sviluppo “Guarda Fabio come cresce!”. Certo queste erano un po’ più sfortunate di quelle di St. Mary Mead. Nel senso che venivano prese di mira da noi ragazzacci che gliene combinavamo di tutti i colori. Sarà anche che rivedevo in lei una nonna che non avevo mai conosciuta, sarà per altri motivi psicologici più reconditi ma l’impatto è stato subito positivo. Forse, a pensarci meglio, il primo elemento che me la rese nuova e simpatica fu proprio il fatto di essere donna e “vecchia” nello stesso tempo. Due particolari giallisticamente attraenti rispetto ai  poliziotti maschi e giovani che infestavano i romanzi polizieschi.

E poi il villaggio di St. Mary Mead poteva benissimo essere il mio piccolo paese dove tutti ci conoscevamo e non c’era segreto di sorta per nessuno. Bello o brutto che fosse. Si sapeva perfettamente se quella se la faceva con quell’altro o se il postino non aveva portato le lettere perché aveva avuto la diarrea. Il personaggio funzionava e pure l’atmosfera che lo circondava. Un peana? Forse ho esagerato, ma mica tanto. L’anziana lady detective piaceva una cifra anche alla sua creatrice, quell’Agatha Christie, regina vera del giallo che ha allietato tante mie sere buie e tempestose (mi è venuta così).  Dicevo di Miss Marple, una vecchietta di circa settanta anni che si era intrufolata nella sua vita quasi senza accorgersene. Un tipo che aveva visto in casa di sua zia (o nonna che fosse) e che le si era stampata per sempre nel cuore. E sulla penna.

Un fatto, però, mi incuriosiva. A St. Mary Mead si sapeva tutto su tutti  eccetto che su Miss Marple. Una bella furbata di Agatha per renderla ancora più interessante? Diciamo quello che sappiamo: anziana (già detto), nubile (zitella dalle mie parti), alta, snella, occhi azzurri, di aspetto delicato, benestante, colta o dotta che fa lo stesso, di religione protestante, ottima istruttrice di domestiche e molto attaccata a suo nipote Raymond West. Per il momento non mi viene altro per la testa. Aggiungo semmai il volontariato e l’amore per il volo degli uccelli. Poi casa pulita, ordinata, precisa. Giardino curato nei minimi particolari. Da qui guarda, scruta, osserva, conversa con le sue amiche. Quelle sì impiccione e pettegole! Specialmente la signorina Hartnell che non si fa gli affari suoi nemmeno a pagarla a peso d’oro. Il suo metodo di indagine (mal sopportato dall’ispettore Slack ma tenuto in debito conto da Scotland Yard)  è basato non solo sull’intuito e la deduzione ma anche, e direi soprattutto, dalla sua vasta esperienza di vita.

Ogni abitante del suo paese, maschio o femmina, giovane o vecchio che sia è lì pronto nella sua mente per essere tirato fuori al momento opportuno e messo a confronto con i vari personaggi che ruotano intorno ad un delitto. Gli uomini saranno pure diversi nell’aspetto esteriore ma la natura umana è sempre la stessa. E il male è dappertutto. Anche dove meno te lo aspetti. Ma della natura umana fa parte pure il sesso. Che non è un male. Ecco un altro particolare che me la rendeva e me la rende simpatica. Non come quel misogino di Poirot! (solo all’inizio, perché in seguito anche questo “difetto” diventa divertente). Certo non aspettatevi chissà che cosa. Siamo sempre nell’età vittoriana ed un casto bacio può benissimo rappresentare un’orgia dei giorni nostri. Ma insomma l’arzilla vecchietta è preparata anche su questo tema così scottante. E non solo sul sesso “normale”. Mi pare che lo dica lei stessa (ma non ricordo dove e non ci giurerei sopra). Dimenticavo il sorriso. E l’aria innocente e svagata. Miss Marple parla e sorride. Parla, sorride e sembra pensare ad altro. E’ sempre così gentile e carina con quel suo amabile sorriso! Solo che sorridendo vi fa dire quello che vuole. Se avete dei terribili segreti e lei vi ha sorriso state pur certi che, bene o male, è riuscita a carpirveli.

La seconda puntata vi attende la prossima settimana!

fabio lotti

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