Stazione omicidi- Vittima numero 3



Massimo Lugli
Stazione omicidi- Vittima numero 3
Newton Compton
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E tre, una vera maratona letteraria la trilogia thriller noir Stazione Omicidi 1, 2 e 3 di Massimo Lugli e tutta in volata direi, perche questo terzo episodio è la giusta apoteosi della storia.
Ricapitoliamo, per chi non avesse già letto gli altri: Flavio Gambari, ventitreenne rampollo bene di una importante famiglia di costruttori romani, ha mutato rotta, è ormai diventato un boss della mala capitolina e con i suoi quattro complici e soci, una gang raccogliticcia, improbabile ma agguerrita, gestisce lo spaccio di Vertigo, la christal meth, una nuova, terribile droga. Sempre a beneficio dei nuovi arrivati sulla serie o degli smemorati, vi ripresento i suoi soci: Vasile, il romeno salvato dalla schiavitù dei campi rom sempre vestito da “tronista”, Jean Luc, ex gangster marsigliese, riciclatosi in strada come killer barbone per sfuggire a un’antica faida interna della banda delle Tre B, il mentore dei più giovani amici nell’apprendistato criminale, Marzia, la bella e disinibita compagna di Gambari e Felipe, che da compito maggiordomo e factotum della famiglia è diventato il contatto con i fornitori d’oltreoceano. Quale è stato il segreto del loro successo?
L’amico Lugli spiega: «Formula segreta, un canale di rifornimento dall’Estremo Oriente che nessuno conosce, un gruppo di spacciatori di strada strutturato a compartimenti stagni, sul modello delle Brigate Rosse. Un’organizzazione impenetrabile, professionale, efficientissima per un business che ha cambiato il panorama della droga nella capitale. La coca è in declino, l’eroina una faccenda da vecchi tossici irriducibili, le altre chicche non le vuole più nessuno: solo il fumo regge, col suo mercato trasversale di nicchia, ma sono spiccioli. Incassi da multinazionale, profitti in ascesa…»
Eh già, ma naturalmente la Vertigo, la nuova droga da sballo che sta invadendo il mercato, scatena rivalità negli ambienti malavitosi della capitale. La gang ha dovuto affrontare: sequestri, ricatti e omicidi efferati. I cinque soci sono sfuggiti, ma ora sono sotto tiro e su di loro incombe una nuova minaccia: qualcuno molto pericoloso e che sta molto più in alto. La furia omicida che sta mietendo vittime in città rischia di concludersi in un bagno di sangue, senza vinti né vincitori.
E nel frattempo la polizia sta all’erta. Per il clan di Flavio Gambari i guai e i nemici aumentano in modo esponenziale.
Qualcosa sul nuovo episodio:
Mentre gli zingari Hamidovich, nemici giurati di Gambari & Company si riorganizzano cercando di accaparrarsi il grosso del mercato della coca, l’ispettore Bruno Pelizzi, colpito al cuore dalla morte del nipote per overdose, si è incaponito e, «come un rinoceronte sbronzo in una fabbrica di lampadari», ha avviato una solitaria crociata per incastrare la nuova banda di trafficanti scatenando contro di loro gli articoli di Maurizio Loca, il correttissimo giornalista del Tempo sempre in caccia di uno scoop.
Però qualcosa sta per cambiare nei rifornimenti della Vertigo. Una drammatica complicazione femminile, legata a Marzia, rimescola Flavio e il brutale attacco all’innamorata di Vasile vorrebbe vendetta. Tutto torna in discussione. L’arbitrato di Sua Bassezza il Prudente, il vero deus ex machina della mafia capitolina, invece di calmierare la situazione, rischia di rimettere tutto in gioco e far ridecollare la guerra di bande. Riuscirà Jean Luc, il misterioso francese, il killer barbone, imbrigliare la tempesta in arrivo. Ma ora basta! Ho detto anche troppo.
In Stazione omicidi, Massimo Lugli ha lasciato a riposo (per quanto?), Marco Corvino, il cronista-detective, quasi un alter ego letterario e ha cambiato impostazione stilistica. Risultato: via l’io narrante e il passato remoto. Tutta la storia, straordinariamente serrata, si muove al presente storico. Il linguaggio dei personaggi ben impostato è sempre diretto, veritiero, netto, crudo. Talvolta addirittura esplosivo. Lo scenario è un’irresistibile carrellata romana con tanti quartieri: l’Infernetto, piazza Esedra, la Colombo, il Fleming e, naturalmente, le borgate: Tor Bella Monaca, Laurentino 38, Labaro, Giardinetti… delle quali, quando se ne parla nei tg non è mai per qualcosa di buono.
Un azzeccato mix di fantasia e realtà di cronaca. Realtà di cronaca già, perché Lugli, che è del mestiere e per tanti anni ha vissuto per lavoro a fianco di poliziotti e carabinieri e ha conosciuto e intervistato delinquenti di ogni calibro, sa il fatto suo.
Nessuna sbavatura quando parla di indagini, di direttive di mala, il linguaggio è quello giusto, di armi da fuoco. E anche stavolta tra le righe affiora sempre la sua disciplinata passione per le arti marziali,
delle quali è maestro e che pratica dall’infanzia, accompagnata dalla sua dichiarata e serena cultura taoista.

Patrizia Debicke

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