Taxi Blues

La Polizia non credeva che il tassista non sapesse nulla di quelle tre pallottole conficcate nel corpo del cliente. Sembra l’inizio di un giallo, invece è la realtà che si prende una rivincita sulla fantasia. Sembra immaginata questa storia che ha per protagonista tre pallottole e un panino.
La moglie l’ha messo a dieta. Gli conta le calorie, una dittatura alimentare fondata su un indice di cibi proibiti, che fanno male! Carne, scatolette, burro, merendine chimiche avvolte nella plastica, cioccolatini: via tutto! Ma quel giorno avevano un accordo, dentro il panino integrale lui avrebbe potuto mettere tutto ciò che voleva, attingendo liberamente dalla lista dei cibi consentiti: maccheroni, aveva pensato in un primo momento, infine si gettò sulla cosa più grassa della “wife list”. Formaggio, “solo fresco”. Roba da chiedere il divorzio! Fu così che si fece prendere la mano: la sua pausa pranzo prese l’aspetto di una valigia su cui devi sederti per riuscire a chiuderla.
A mezzogiorno, mentre sta per addentare il boccone proibito un uomo entra di scatto sul suo taxi, ha il respiro affannoso, è talmente pallido che sembra di marmo, sanguina: “Mi porti all’ospedale più vicino”.
Niente Panico! il tassista si getta il panino in tasca e parte a razzo. Sente l’odore del sangue mischiarsi a quello del formaggio.

I poliziotti li ha sempre visti con la divisa in ordine ma questo indossa scarpe da ginnastica, ha la faccia butterata e sembra un criminale anche se tutti lo chiamano “dottore”.
“Quindi gli avevano già sparato quando è salito sul suo taxi. Quel uomo aveva appena fatto una rapina, un taxi sembra un ottimo palo”.
Il tassista è stanco, ha fame, non ha mangiato niente tutto il giorno, se fosse un film chiederebbe un avvocato e invece chiede un panino.
“Qui non facciamo panini!”
“Non c’è problema, ho il mio pranzo”; estrae il panino dalla tasca, si rivolge al commissario, ha la bocca piena, mangia soddisfatto, sembra Bud Spencer: “ma le sembra normale che uno che partecipa ad una rapina pianifichi anche la colazione al sacco?”

Questo racconto è apparso sul numero 2 di MilanoNera

raffaella piccinni

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