The chain



Adrian McKinty
The chain
Longanesi
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The chain pone di fronte a una domanda che nessun genitore vorrebbe mai farsi: fino a che punto sono disposto ad arrivare per salvare la vita di mio figlio? Saremmo pronti a sacrificare tutti i principi etici e morali su cui abbiamo basato la nostra esistenza per preservare la loro incolumità? Ė il drammatico quesito davanti al quale si trova Rachel, giovane insegnante di filosofia, già provata dalla malattia e dal divorzio da un marito affascinante ma infedele, quando viene rapita la figlia Kylie. E la discesa nell’incubo non finisce qui: Rachel scoprirà che un’entità misteriosa, chiamata la Catena, per salvare la vita di sua figlia le chiede di rapire a sua volta un altro bambino. Il tunnel verso gli inferi diventa sempre più oscuro e sconvolgente, in una caduta apparentemente senza fine, segnata dal male più assoluto. Il romanzo costruito da McKinty oltre che un thriller mozzafiato, è anche una metafora sulla pericolosità del narcisismo, a cui oggi nessuno riesce a sottrarsi. La gabbia che imprigiona Rachel e gli altri sfortunati genitori è stata paradossalmente costruita da loro stessi. Portando alle estreme conseguenze le previsioni apocalittiche orwelliane, l’autore denuncia la pervasività del controllo telematico e la nostra dipendenza dai social, Facebook, Instagram e gli altri, che registrano i nostri spostamenti, i nostri gusti, ogni istante della nostra vita, attraverso la dovizia di informazioni che noi stessi forniamo. Ma le vittime sono anche carnefici: sacrifichiamo la nostra intimità e quella di chi ci sta accanto sull’altare dei like. Non è il futuro quello messo in scena in The chain, ma il presente, collocato nel romanzo in New England, ma nella realtà situato ovunque internet abbia un collegamento.
Il libro è suddiviso in due parti: la prima è un affresco, potente e orrorifico, del nuovo inferno in cui ci può far precipitare la tecnologia, la seconda, invece, perde parte dell’efficacia rappresentativa virando verso l’adrenalina del thriller puro, che condurrà a un finale conseguente.
L’autore, nei ringraziamenti finali, racconta com’è nata l’idea di The chain: dal ricordo infantile delle catene di sant’Antonio che nella natia Irlanda mettevano in circolazione lettere minacciose e angoscianti, frutto di superstizione e ignoranza.
Un bel thriller può nascere dunque, come McKinty dimostra, dall’esorcizzazione di un mostro infantile, in cui si sono condensate le paure e le inquietudini dei bambini. Spetta però all’adulto il percorso di riconoscimento dei mostri, reali e immaginari, e l’assunzione delle proprie responsabilità per combatterli e distruggerli. Rachel, la protagonista del libro, ha il coraggio di riconoscere il male dentro di sé e di non negarlo, solo in questo modo potrà trovare la forza per combattere le tenebre infernali dell’odio e della perversione.

Donatella Brusati

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