Toringrad – Darien Levani



Darien Levani
Toringrad
Spartaco
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“In un processo penale quello che è successo non conta niente. Conta ciò che puoi provare”.

Viene in mente una parola mentre si stanno leggendo le pagine di Toringrad, l’ultimo romanzo di Darien Levani. Questa parola è credibilità. Credibilità nella descrizione del funzionamento del sottobosco criminale albanese, credibilità nella rappresentazione delle dinamiche umane che muovono i personaggi, credibilità nel racconto di quel mondo clandestino delle città occidentali che ruota intorno al sole della cocaina e del vizio.
Il racconto è costruito sulla narrazione in prima persona di Drini, uno studente di Storia che nel corso della sua carriera universitaria ha avuto modo di fare strada in un settore redditizio come quello del narcotraffico. È questo Drini: un imprenditore/spacciatore che reinveste in attività pulite i soldi guadagnati con il crimine. Un bar e una sala scommesse, perfettamente legali ma sempre al limite del contatto con il “mondo di sotto”, quello della prostituzione, dei videopoker per disperati di ogni classe sociali; quello delle percentuali pretese dalle organizzazioni criminali italiane e della droga che manda avanti le giornate di un esercito di reietti.
La realtà falsamente ordinata di Drini s’infrangerà contro la richiesta d’aiuto di suo cognato Petrìt, che lo indurrà ad accettare un ultimo lavoretto. Le pagine scorrono vorticosamente aprendo al lettore le porte della tradizione e dei costumi sociali del popolo schipetaro, svelando con naturalezza le paranoie da narcotrafficante del protagonista, la sua ossessione di non finire nel mirino dei neri – le forze dell’ordine. Il cinico e arrivista Drini si muove all’interno della storia fungendo da contatto tra la cellula criminale albanese della sua Torino e i malavitosi legati alle famiglie italiane di Milano, in un continuo ripetersi di pregiudizi tra etnie e incomprensioni reali o malignamente simulate.
Nel degrado nero delle strisce di cocaina e del presidio fisico delle slot machine che occupa la vita di Drini, l’autore fa calare improvvisamente uno squarcio fragile di luce rappresentato da Katia, una prostituta ucraina che incarnerà il senso ultimo dell’intero romanzo, quel destino ineluttabile che impone agli uomini di rincontrarsi, in un modo o nell’altro, nel nome del bene o in quello del male.

 

 

 

 

 

Thomas Melis

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