Umberto Eco – Numero Zero



Umberto Eco
Umberto Eco
Bompiani
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Slegare Eco da ricordi e letture adolescenziali è compito improbo, soprattutto nella misura in cui il diabolico Professore ci ha donato un romanzo immerso in quell’ambiente giornalistico in cui si è avuto la fortuna e la gioia di gozzovigliare da universitari alla ricerca della notizia per una prima pagina.
E dispiace avere la consapevolezza che dopo questo NUMERO ZERO il Professore non potrà donarci altri lavori narrativi, un ambito nel quale è stato capace di muoversi con abilità su più livelli. Basti pensare al bilanciato equilibrio degli indizi sparsi tra le pagine de IL NOME DELLA ROSA, all’alchimia tra le parole de IL PENDOLO DI FOUCAULT o l’antico palinsesto malgrattato su cui BAUDOLINO scriveva i propri pensieri.
Eco ci ha da sempre abituato alle sue caratteristiche strizzate d’occhio, talvolta imbibite di culturalismo, ma mai tediose; in questo NUMERO ZERO tocca un punto buio ed inesplorato della storia d’Italia, del quale però non si può fare cenno in queste righe, pena il disvelamento della più bella ed imprevedibile sorpresa narrativa di questo romanzo, che scorre serenamente fino ad un punto in cui il lettore non può più separarsi da queste pagine che così felicemente vanno susseguendosi, attraverso i vicoli bui della storia nazionale.
Il lettore viene improvvisamente lasciato cadere attraverso la discesa ripida di un ottovolante narrativo dal quale è impossibile scendere fino alla parola FINE.
Al termine possiamo solo avere un “grazie” sulle labbra, malinconicamente consci del fatto che il Professore Eco ha per un’ultima volta accarezzato la nostra immaginazione con il sorriso sornione di chi inventa anse e curvature della Storia, inserendovi verosimili misteri e lasciando il lettore con un interrogativo “e se ciò fosse accaduto davvero?”.

 

Giuseppe Calogiuri

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