Un destino ridicolo



De Andrè Gennari
Un destino ridicolo
Einaudi
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Allora, ero lì, spaparanzato al sole, sul mare, e mi leggevo tutto un mucchio di cose gialle e nere, con morti ammazzati, carcerati, assassini, poliziotti, poliziotti assassini; così, quando ho trovato in una libreria di San Teodoro questo libro di De Andrè, mi sono detto: “Lo compro, così mi prendo una pausa letteraria dagli intrecci poliziotteschi, che ormai ne ho fin sopra i capelli”. Macchè: anche qui la storia è nera, con un terzetto di persone molto diverse tra loro che si mettono insieme per una rapina. I criminali al centro della storia, dunque; questo significa, signori miei, che siamo di fronte ad un noir a tutti gli effetti.Ero a conoscenza del fatto che De Andrè avesse scritto un libro, e ci avevo sempre girato alla larga. Avevo paura che non mi piacesse, che il De Andrè scrittore mi deludesse e non fosse degno del De Andrè musicista. Una paura idiota, totalmente smentita dalla lettura. In questo libro, scritto a due mani, c’è molto di Fabrizio De Andrè. C’è metà ambientazione, quella parte della storia che è ambientata nella Genova vecchia e mediterranea di Creuza de ma’, e anche alcuni scampoli della sua amata Sardegna, mentre l’altra location è invece Mantova, che credo sia la città natale di Alessandro Gennari, psicoanalista e scrittore, coautore del libro. Anche i temi trattati sono quelli tipici della discografia deandreiana: anarchia, oppressione, povertà, storie di persone umili e umane; ci sono i due autori, nei personaggi del musicista Fabrizio e dello scrittore Alessandro, che sembrano avere un ruolo marginale, ma che alla fine si riveleranno invece figure piuttosto importanti; ci sono un pastore sardo scampato truffaldinamente a una contanna a vent’anni per rapimento (ma guarda un po’), un anarchico marsigliese diventato malavitoso, un protettore di puttane pigro e innamorato. I tre si mettono insieme per fare il colpo di cui dicevo prima e… e poi niente, leggetevelo. Ad un certo punto la storia sembra lasciar perdere l’intreccio noir per diventare più “alta”, letteraria e intellettuale, con l’attenzione che pare spostarsi sulle vicende dei singoli personaggi, sui loro sentimenti, sulle loro storie.

Ma non è così, e il finale sarà tipicamente nero, anzi no, dirò di più: un classico finale a sorpresa da giallo psicologico, quasi da enigma della camera chiusa. Per me, che amo il giallo e De Andrè, non poteva andare meglio. Un bel libro, quindi, che potrà interessare anche quelli ai quali di storie nere non gliene può fregare di meno.

Sauro Sandroni

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