Enrico Camanni – Una coperta di neve



Enrico Camanni
Enrico Camanni
Mondadori
Compralo su Compralo su Amazon

Settembrini è un “torinese imprestato alla montagna, cittadino mai del tutto convertito alla vita valligiana, guida per passione e illusione, aveva un senso speciale per la neve. Riconosceva a colpo d’occhio la struttura del manto e ne indovinava lo spessore. A vista distingueva lo zucchero di gennaio dalle nevi ventate, gonfie, crostose, gessose, umide, trasformate. Sapeva che i cristalli di neve nascono, si trasformano e muoiono come esseri viventi, e i pendii raccontano storie”. Cresciuto negli anni Settanta, “nella città della FIAT, al tempo delle ideologie feroci e degli ideali assoluti”, separato da Clara, di cui era stato follemente innamorato, con due figlie, di cui Giovanna è quella che più gli somiglia, “Giovanna attirava i ragazzi senza muovere un sopracciglio perché aveva il carattere di suo padre ma assomigliava alla madre: fetente come lei. Portava la femminilità distrattamente e faceva vittime senza rendersene conto”. Di fatto Settembrini è un uomo solo, che guarda al solstizio sperando “con tutto il cuore che l’acqua pulisse il ricordo dell’inverno e lo liberasse dalla persecuzione dei giorni grigi e senza gioia, perché era stata una gran bastonata di neve”. Guida e capo del Soccorso alpino, il primo giorno d’estate inizia per lui con una gran voglia di caffè, ma il primo giorno d’estate porta con sè un’infausta notizia, dal Monte Bianco si è staccato un seracco e gli alpinisti scampati alla valanga sostengono che lì, appena sopra, ci fosse qualcun altro, “molte volte, da guida e soccorritore, aveva sondato i fondi delle valanghe alla ricerca di corpi. La routine delle esercitazioni di sonda e pala si sovrapponeva all’ansia dei giorni neri e veri, quando si contano i minuti e si rimpiangono anche i secondi, perché una persona imprigionata sotto la neve comincia subito a morire”. Sul campo, la squadra di Settembrini viene aiutata da Sally, “una pastora belga”, svegliata di soprassalto con un fischio, “mentre stava sonnecchiando all’ombra di un larice dopo la corsa nei prati […] A sei anni era il miglior cane da valanga del Soccorso alpino. Nel pieno della forza e al culmine dell’esperienza, conosceva il suo mestiere […] Per vero e per finta, per cinque inverni e cinque primavere, qualche volta d’estate, Sally aveva fiutato le valanghe recuperando decine di corpi dalla neve”. Sally scava, scava sotto la valanga, che “per i sommersi non ha colore”, che sotto tre metri è buio pesto ed è “inesorabile come un sicario, vigliacca come il terremoto”, una valanga, dice Camanni, “non è che un capriccio di neve non ha alcuna spiegazione”. Sally il corpo lo trova ed è una donna, sopravvissuta per miracolo, “che portava un solo guanto, nella mano destra. Carnagione terrea, faccia da condannata. Non reagiva alla luce accecante. Gli occhi truccati leggermente si perdevano nel vuoto. Sanguinava dalla guancia raschiata dal ghiaccio, il viso era una maschera, eppure un filo di rimmel tradiva la femminilità. Di rado gli era successo di spiare la vita così intrecciata con la morte”. Ha una corda legata in vita, ma la cosa strana per Nanni Settembrini, è che all’altra estremità della corda non c’è nessuno. Trasportata in ospedale, Settembrini attenderà che si risvegli, che possa raccontare loro che cosa è accaduto sul Monte Bianco. Chi è la donna ritrovata da Sally? Nessun documento con sè, nessun nome al quale possa rispondere al risveglio. Settembrini rincorrerà il tempo per scoprire l’identità della donna, i suoi ultimi spostamenti, ciò che è avvenuto nei giorni precedenti al suo ritrovamento e soprattutto, che cosa ci faceva sul Monte Bianco, in quei pochi secondi che l’hanno separata per sempre da ciò che era da ciò che sarebbe stata. Camanni scrive un giallo intimo, che indaga dolcemente l’animo umano, quello di un uomo rimasto solo, gli intrecci, le relazioni interpersonali che lo aiuteranno a guardare fuori dal proprio guscio. Una scrittura che possiede forza e insistenza, in cui attraverso il racconto, sfida l’audacia della memoria che occulta il dolore e fa riapparire un passato a gran voce.

Paola Zoppi

Potrebbero interessarti anche...