Crimini d’arte: Una storia semplice – Leonardo Sciascia



Leonardo Sciascia
Crimini d’arte: Una storia semplice
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Di pochi scrittori si può dire che l’ultimo romanzo racchiuda perfettamente lo spirito della poetica che ha contraddistinto il loro percorso artistico come lo si può dire di “Una storia semplice” di Leonardo Sciascia.
Un testo breve, quasi più di impronta cinematografica, dove l’occhio dei personaggi conta più di tutto il resto, tanto da essere spesso definiti dal semplice ruolo che occupano all’interno della vicenda, più che da nome e cognome.
Ovviamente, dato che stiamo parlando di Sciascia, nulla è semplice come sembra: non mancano i colpi di scena, ma non sono davvero l’elemento importante della lettura perché, come è intuibile, la storia raccontata è solo un pretesto per indagare altro.
Nello specifico l’intento di Sciascia è mettere in luce determinati meccanismi propri di una piccola comunità, dove tutti sanno tutto ma si fa comunque finta di non vedere, o non capire, fino a distorcere l’evidenza a proprio piacimento.
A questo punto è lecito che chi sta leggendo queste righe si chieda dove sia il collegamento con l’arte o, per meglio dire, coi crimini d’arte.
Un uomo torna dopo tanti anni nel suo paese natale e avverte le forze dell’ordine che c’è qualcosa di strano nella sua abitazione. Il giorno dopo la polizia si reca sul posto e scopre che l’uomo in questione è morto. La storia si concentra sulle indagini dell’omicidio, ma c’è un dettaglio che la aggancia alla realtà.
Più precisamente: un dettaglio che la collega alla storia di uno dei furti d’arte più tristemente famosi della storia.
18 ottobre 1969: è tardo pomeriggio quando il custode dell’oratorio di San Lorenzo a Palermo scopre che la tela di Caravaggio vanto della chiesa, la Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, è stata tagliata via dalla cornice con un taglierino e rubata. Il furto è avvenuto la notte precedente, ma l’assenza di sistemi di sorveglianza ha reso gioco facile ai ladri.
Quello che rende unica la storia di questo furto e, al tempo stesso, così fitta di misteri è il coinvolgimento della mafia: che sia per usarla come moneta di scambio nel corso di trattative con lo Stato o per mero esercizio di potere, impossessarsi di un dipinto del genere è un valore aggiunto per chiunque sia stato davvero realmente dietro al furto.
Del resto, proprio quest’anno si è celebrato un altro triste anniversario, quello della strage in Via dei Georgofili, il primo di una serie di attentati di mafia il cui obiettivo era sempre il nostro patrimonio culturale. Distruggere la Bellezza ha un valore simbolico enorme, e contribuisce a indebolire ancora di più lo Stato: probabilmente sono proprio considerazioni simili che hanno suggestionato Sciascia spingendolo a indagare almeno un aspetto di questa intricatissima vicenda.
E sceglie proprio l’angolo della cornice umana, degli esseri umani che si sono resi complici della macchina che ha permesso un furto simile, illustrando bene il contesto senza offrire fin troppo facili ipotesi.
Nessuno sa, a tutt’oggi, che fine abbia fatto esattamente il Caravaggio perduto: c’è chi dice che sia andato distrutto, chi tagliato e venduto in pezzi, chi che si trovi nascosto da qualche parte.
Nulla di semplice, appunto, proprio come Sciascia lascia intendere sarcasticamente nel titolo.

 

 

Daniela Gervasi

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