Intervista a Fabio Giovaninni

Lo avevamo lasciato compiere una buona azione: liberare il giovane Charles Holland dalla prigionia! Sir Francis Varney, il vampiro aristocratico temuto dalla comunità del villaggio vicino Londra, torna a seminare il terrore. Dopo “Il banchetto di sangue”, è da poco in libreria “L’inafferrabile” (Gargoyle Books pag.513, euro 16,00) a cui seguirà l’ultimo volume “All’ombra del Vesuvio” che concluderà la storia del vampiro pubblicata in età vittoriana e attribuita agli scrittori inglesi Thomas Preskett Prest e James Malcolm Rymer. Uscito in dispense nei Penny Dreadful (terrore a un penny), il feuilleton di Varney è stato pubblicato in volume nel 1847.

“L’inafferrabile”, introdotto da “Varney il contaminatore” di Fabio Giovannini, comprende i capitoli dal 66 al 126. La caccia a Varney è aperta. Vi partecipa l’intero villaggio che cerca di stanarlo e ucciderlo. Dopo aver incendiato la sua abitazione, il popolo impaurito decide di dare alle fiamme villa Bannerworth, da tempo mira del vampiro. Le vicende e le fughe di Varney sono connesse con quelle della famiglia Bannerworth con la quale il vampiro ha rapporti sempre più intimi. Davvero inafferrabile, Varney fugge e cerca scampo dalla folla inferocita.

Tutto il volume è caratterizzato proprio dall’azione, dalle scene di fuga e dagli inseguimenti. Varney, braccato, riflette sulla sua situazione di diverso e si tormenta per essere emarginato in una società che non lo accetterà mai.

Fabio Giovannini, che risponde alle mie domande, ha dedicato una particolare attenzione alla figura del vampiro, pubblicando diversi saggi. Giornalista e scrittore, studioso di immaginario fantastico, gotico e noir ha tradotto e curato Ruthwen il vampiro di Charles Nodier (Stampa Alternativa, 2010), appena arrivato in libreria. Tra le sue pubblicazioni Il libro dei vampiri (Dedalo, 1985 e 1997), Cyberpunk e Splatterpunk (Datanews, 1992 e 2001), Necrocultura (Castelvecchi, 1998), Storia del noir (Castelvecchi, 2000). Terence Fisher. L’artista dell’orrore (Profondo rosso, 2009).

Rispetto a “Il banchetto di sangue” cambia lo stile narrativo e presumibilmente gli autori?

“I cambiamenti di stile (e quindi, con tutta probabilità, anche di autori) avvengono frequentemente nel corso del romanzo. Tuttavia c’è una coerenza inaspettata, che rende tuttora godibile la lettura di questo testo, anche per noi, nel Terzo Millennio.”

La figura di Varney si pone tra quella di Lord Ruthven di Polidori e di Dracula di Stoker. Con quali peculiarità e quali differenze?

“Rispetto a Ruthven si nota una forte attenzione alla personalità del vampiro. Nel racconto di Polidori, il vampiro Ruthven era una cinica incarnazione del Male, un essere satanico e immorale. La sua identità, il suo passato, restavano in ombra. Varney invece ci viene descritto con molti dettagli, grazie anche alla lunghezza esasperata del romanzo rispetto alla sintetica brevità del racconto su Ruthven. Il Dracula di Bram Stoker per certi versi torna a Ruthven (anche Dracula è illimitatamente malvagio), ma acquisisce dal romanzo su Varney altri elementi, altre situazioni, ad esempio la “caccia” al vampiro, l’impalamento, la trasformazione delle vittime”.

Come spiega il successo dei penny dreadful in età vittoriana?

“C’era una crescita dell’alfabetizzazione, che consentiva di godere dei piaceri della lettura anche a chi apparteneva alle classi subalterne. Domestiche, ma anche operai, soprattutto di giovane età e che avevano avuto accesso alle scuole. I penny dreadful erano un prodotto “popolare” nel vero senso della parola: costavano poco, erano di facile e rapida lettura (con abbondanti illustrazioni), narravano storie avvincenti e provocavano “brividi” a buon mercato”.

Ne “L’inafferrabile” cambiano e diventano più stretti i rapporti tra Varney, la famiglia Bannerworth e il popolo?

“E’ difficile distinguere i contenuti nei tre volumi con cui Varney viene proposto in questa (pregevole) edizione italiana, giacché si tratta di una divisione dovuta solo a necessità editoriali. E’ il testo nel suo insieme che ha profonde diversità addirittura tra un capitolo e l’altro (talvolta nello stesso capitolo). Del resto quei romanzi-fiume venduti a puntate erano scritti di fretta, per assecondare le richieste dei fruitori, a volte con vistosi errori di “continuità” o contraddizioni”.

Il feuilleton copre un lungo arco temporale. Quale è la realtà storico-sociale de “L’inafferrabile”?

“I riferimenti alla realtà storica non sono decisivi, in Varney. Le imprese del vampiro potrebbero essere ambientate in qualsiasi epoca precedente o contemporanea a chi lo ha scritto. E sicuramente gli autori di Varney volevano parlare del proprio tempo: le descrizioni delle diverse classi sociali (popolani, borghesi e aristocratici) e delle loro interazioni devono molto alla società dell’epoca, ritraggono l’umanità britannica dei primi decenni dell’Ottocento”.

Rivelazioni, inseguimenti, matrimoni. Nel secondo volume l’azione prende il posto della superstizione o della paura verso il vampiro?

“L’azione è in crescendo nel corso del romanzo, per attirare l’interesse dei lettori e convincerli a comprare il fascicolo successivo… A volte il tema del vampiro lascia il posto ad altri argomenti, ci sono storie parallele di alcuni personaggi che seguiamo indipendentemente dalla loro connessione con il vampiro Varney. Ma questo era tipico della narrativa popolare dell’epoca”.

In Varney confluiscono molti generi letterari. Lei come lo identifica?

“All’epoca di Varney non si parlava di “generi” letterari come ai nostri giorni, quindi è difficile identificare un preciso genere. Certo, però, che Varney fa riferimento al filone del romanzo gotico e ne utilizza anche numerosi “luoghi comuni”. Con i canoni odierni potremmo dire che unisce horror, avventura, cappa e spada, romanzo d’amore, ecc. Insomma, c’erano moltissimi ingredienti per soddisfare un pubblico variegato. In questo, Varney si dimostra abbastanza moderno o addirittura postmoderno”.

Cristina Marra

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