Primo venne Caino – Il ritorno di Leo Malinverno. Intervista a Mariano Sabatini

51pUqt-aJ3L._SY346_Lo abbiamo aspettato e finalmente è tornato. Lui, Leo Malinverno, giornalista investigativo, affascinante, resiliente, intuitivo, malinconico e seducente è in libreria col secondo romanzo della sua serialità nata dalla penna di Mariano Sabatini. Dopo “L’inganno dell’ippocastano” che ha segnato l’esordio di Sabatini in ambiente noir, la nuova indagine del suo giornalista-detective Leo Malinverno,”Primo venne Caino” (Salani) da oggi in libreria, si inserisce nel thriller ma in un modo del tutto originale e sottile com’è nello stile accurato e impeccabile dell’autore.  Roma è turbata da un killer seriale che miete vittime   e asporta dal loro corpo i tatuaggi, l’indagine prende le pieghe di una coralità investigativa che man mano che la storia procede diventa sempre piu’ individuale grazie alla maestria di Malinverno che mette insieme il puzzle di un enigma criminale. Sabatini nel dipanare la vicenda professionale e personale di Malinverno racconta anche storie di dolore e solitudini e i lati piu oscuri, nascosti o semplicente celati per timore di essere se stessi, dei personaggi coinvolti. Un romanzo in cui Malinverno si perfeziona e si evolve sia nella sua tecnica investigativa che nel suo modo di comunicare le notizie ma sono tanti anche i dubbi e le scelte che lo mettono alle strette. L’ingranaggio narrativo di Sabatini ingloba una storia in cui la coralità psicologica dei personaggi è raccontata in un gioco a incastri mosso dal suo protagonista.

Il precedente romanzo nacque da una poesia di Primo Levi, questo dal testo biblico su Caino. Come scegli i soggetti delle tue storie?
Difficile rispondere… da dove vengono le storie? Per quanto mi riguarda, sono il risultato di una lunga ponderazione, magari si agglutinano attorno a un fatto di cronaca, che mi serve anche solo per attivare la fantasia. Più che alle storie, dal principio, lavoro sui personaggi, le loro biografie, le caratteristiche fisiche e caratteriali, i percorsi esistenziali, gli errori, i rimpianti, i rimorsi… Faccio stare tutto assieme e attendo la reazione, qualcosa prima o poi succede.

Malinverno mette in discussione la sua vita privata e professionale. E’ un romanzo di transizione? Leo ha un approccio nuovo con la vita?
La vita di ognuno di noi è una più o meno lunga transizione e, per quanto possa irritarci, dobbiamo fare i conti con i mutamenti piccoli o grandi che il destino ci riserva. Con L’inganno dell’ippocastano ho dato l’avvio alla vicenda umana e professionale di questo giornalista investigativo, bello e sfrontato, umanissimo, capace di resistere agli urti della vita grazie alle sorprendenti doti di resilienza. Anche lui però ha le sue fragilità ed è colto dai dubbi su se stesso. Cerca di viaggiare leggero nel mondo e negli accadimenti: è facile farlo in assenza di eventi contrari, più difficile se, come in Primo venne Caino, devi misurarti con un implacabile serial killer, la meschinità e la corruzione dell’animo umano o la malattia degli amici.

Secondo romanzo ma stesso stile narrativo impeccabile, come ti sei trovato a scrivere un thriller?
L’editore lo ha definito thriller, io non decido a tavolino a quale genere narrativo apparterrà una mia storia. Stavolta avevo chiaro il percorso, possiamo dire, ma non il ritmo né le svolte che questo avrebbe preso o richiesto. Se davvero è un thriller mi sono trovato benissimo a scriverlo, meglio che L’inganno dell’ippocastano. Penso però di non aver abbandonato lo scandaglio psicologico e sociale dell’altro romanzo, che poi sia giallo, noir, thriller o polar che importa?

26815213_10155705420643855_6916805514684177462_nSecondo me l’azione del thriller sta in Malinverno e non nel serial killer, è così?
Non so se riuscirò a rispondere a questa domanda… Malinverno è seduttore per natura, giornalista per vocazione, investigatore suo malgrado. Con spinte vitali del genere, altro che thriller, la vita non è mai noiosa ed è vissuta sempre pericolosamente. Posso anche dire che in questa storia si ravvisa un legame sottile, sotterraneo fra eroe e carnefice, che rende più veri entrambi.

Tanti personaggi femminili, da Eimì a Carla a Lucia. L’amicizia prevale sull’amore in questo romanzo?
L’amore è il punto debole di Malinverno. Anche delle donne con cui è stato, perché gli piacevano o lui piaceva a loro, diventa amico perché l’amicizia è un sentimento puro, privo di ambiguità, più sostenibile per lui. Dopo la sfida della conquista, dopo l’appagamento carnale, tende ad annoiarsi, o almeno gli fa comodo pensare questo.

Un nuovo compagno si affaccia nella vita di Malinverno, ha quattro zampe, ci vuoi anticipare qualcosa riguardo a questo personaggio?
E’ un gatto di nome Figaro, che ho conosciuto e che vive con la mia amica Susanna, è nero, affettuoso come un cane. Mi è venuta voglia di cooptarlo nella storia ma come arriva a Malinverno non lo diciamo perché è uno snodo del romanzo.

L’indagine di Malinverno riguarda un serial killer che miete vittime nella capitale, stavolta le indagini istituzionali sono in mano ai Carabinieri, al maggiore Sgrò e al brigadiere Simoncini, come mai questa scelta?
La divisione dei casi avviene in modo casuale, secondo le denunce e la tempestività nella risposta alle chiamate d’emergenza. Inoltre i carabinieri hanno un forte reparto scientifico, i famosi Ris, particolarmente adatto nei casi relativi all’azione di un serial killer. A Roma come in altri posti, carabinieri e poliziotti si dividono i compiti di ordine pubblico e d’investigazione.

Qual è il modus operandi investigativo di Leo abituato a collaborare con l’amico poliziotto Jacopo Guerci?
A proposito di amicizia, come scrive Bianciardi, l’amicizia tra uomini è più forte di una preghiera, loro hanno un vero sodalizio umano oltre che professionale. Si sostengono, si sfottono, si scambiano informazioni, soprattutto si vogliono bene. Malinverno al solito svolge la sua inchiesta giornalistica alla ricerca della verità, o meglio, di tante piccole verità che mirano a ricomporre il puzzle scomposto. Il suo lavoro viaggia parallelamente all’indagine ufficiale, che stavolta è svolta dalla Benemerita. Non si trova sui luoghi dei delitti in modo casuale, viene coinvolto in virtù del suo ruolo di procacciatore di notizie.

Interrogatori, confronti, riflessioni, informatori e anche una consulenza importante, come entra Leo nella mente del serial killer?
L’approccio è giornalistico, usa le fonti, richiede il parere degli esperti, mette insieme dati, li incrocia. Conta sulla sua capacità deduttiva, sulle intuizioni, sulla fortuna che arriva se aiutata dall’impegno e dalla dedizione. Come tutti i veri giornalisti, quando fiuta la storia, Malinverno ci si dedica anima e corpo, quali che siano le conseguenze o i pericoli che implica. E se grufolare nel fango significa sporcarsi, si sporca. Se scendere nell’abisso gli fa rischiare grosso, rischia grosso.

Il giornalismo torna a essere “indagato”, stavolta cosa denunci?
Al solito, una certa attitudine alla morbosità, soprattutto da parte della Tv. Inoltre, stavolta è in atto un vero e proprio scontro tra due modi di intendere il ruolo del cronista, quello scapigliato di Malinverno e quello istituzionale del suo vicedirettore, Tommaso Lembo.

Nel precedente romanzo ricordavi Luciano Rispoli, anche in questo c’è un piccolo cameo dedicato a una scritttrice italiana che ammiri. Quanto della tua vita inserisci nei romanzi?
Non si possono scrivere romanzi senza lasciarsi coinvolgere totalmente, è quasi come mettersi a nudo. L’autobiografismo lo si può ravvisare in snodi o dettagli impensabili delle storie, e chi legge, per quanto ti conosca, non saprà mai con certezza dove finisce la realtà e dove stai sopperendo con l’immaginazione. L’impasto armonico e privo di soluzione di continuità tra i due ingredienti, verità e creatività, è uno degli aspetti più attraenti dello scrivere.

 

Cristina Marra

Potrebbero interessarti anche...