Una vita per una vita . Intervista a Pierluigi Porazzi e Massimo Campazzo

downloadIntervista doppia a Pierluigi Porazzi e Massimo Campazzo, autori di Una vita per una vita, edizioni Pendragon
Qui la recensione di Milanonera

Da dove nasce l’idea di questo romanzo e perché avete scelto Udine come luogo in cui tutto si svolge?

P. L’idea nasce da un’esperienza personale di Massimo, anche se il fenomeno del bullismo è comunque noto a tutti. L’ambientazione udinese è venuta naturale, essendo la città in cui viviamo entrambi e che conosciamo molto bene.

M. Ho assistito, tempo fa, a un atto di bullismo e non sono intervenuto, per codardia soprattutto. Non me lo sono mai perdonato e da quella vicenda ho deciso di prender spunto e mettere su carta la mia profonda contrarietà nei confronti di bulli e arroganti. Udine? meglio scrivere sempre di ciò che conosci…

Nel vostro romanzo tutto parte da un episodio di bullismo accaduto trent’anni prima. Un tema, quello del bullismo appunto, che è sempre esistito nonostante le cronache attuali lo fanno passare come un fenomeno di recente esplosione…

P. Il bullismo esiste da sempre, è un fenomeno connaturato alla parte più animalesca e istintiva dell’essere umano, in una dinamica per cui il più forte tende a schiacciare il più debole (o comunque il “diverso”, colui che si integra meno facilmente con la massa). Non per niente è tipico delle realtà scolastiche, in un’età in cui i ragazzi hanno meno freni inibitori e agiscono maggiormente la spinta deglli istinti.

M. Se il libro piace così tanto è perché il fenomeno, purtroppo, è attualissimo. Giovani che si nutrono di rabbia, che vivono unicamente spegnendo il prossimo. Le fondamenta della famiglia di una volta si sono perse e oggi la solitudine esistenziale di molti crea dei piccoli-grandi mostri.

Altro tema importante è quello della vendetta che nel vostro romanzo non solo viene servita fredda e a distanza di anni ma soprattutto in modo molto particolare: da dove è nata questa idea?

P. L’idea della vendetta e le sue modalità sono il nucleo della trama ideata da Massimo, a cui ho apportato alcune modifiche, variando anche il finale. La vendetta è un tema molto interessante, letterariamente, e in questo caso arriva a distanza di anni perché l’evento cardine era stato rimosso dalla vittima, non tanto per calcolo. Una vendetta che non si accontenta di uccidere i responsabili del tragico avvenimento, perché la vittima dell’atto di bullismo avvenuto tanti anni prima ritiene che debbano vivere soffrendo, e che la morte sia una soluzione troppo veloce e meno dolorosa.

M. La vendetta è un tema caro a molti filoni letterari. In questo caso è l’unica scelta che rimane al protagonista, seviziato nell’anima e nel corpo in modo straziante. La rimozione l’ha salvato da se stesso e dai ricordi per anni e anni. Quando però la memoria torna a quei fatti… la lucida follia è come un sentiero illuminato, impossibile da ignorare. Quando chiudi un uomo o un animale in un angolo, la reazione è imprevedibile…

L’Ispettore Cavalieri per lunghi tratti del romanzo sembra ben più coinvolto di quanto sembri “superficialmente” nello svolgimento delle indagini; a chi vi siete ispirati per tratteggiarne i caratteri?

P. A nessuna persona reale e a nessun personaggio letterario o cinematografico. Volevamo creare un protagonista che fosse diverso da tutti gli altri, cosa non facile, ovviamente. In questi senso, il suo tormento interiore e i segreti che nasconde sono una caratteristica particolare del personaggio, che vengono scoperti dal lettore pagina dopo pagina, fino alla conclusione del racconto, dove tutto viene svelato.

M. Mi accodo a quanto detto da Pierluigi. Nessun riferimento a soggetti reali. Volevamo un anti-eroe, tormentato e accidioso. Uno che sulla pelle ha provato emarginazione e allontanamento, un personaggio tutto da scoprire che solo nelle ultime pagine mostra il suo reale volto e ruolo nel romanzo.

Com’è lavorare in coppia e come avete organizzato il vostro lavoro?

P. Per quanto mi riguarda è stata un’esperienza stimolante e arricchente. Ci siamo incontrati e abbiamo parlato a lungo per decidere una “scaletta” su cui costruire il romanzo. Poi è seguita la fase della scrittura vera e propria.

M. Un sogno che si realizza. Sono un fan di Pierluigi, autore di romanzi semplicemente unici. Dalla tessitura iniziale abbiamo dipanato una scaletta che poi abbiamo seguito fedelmente e in un annetto è venuto fuori “Una vita per una vita”.

Avete frequentato il Liceo Stellini anche voi?? E quanto di autobiografico si può trovare tra le righe di questo romanzo?

P. Ho frequentato il liceo in Lombardia, e non c’è nulla di autobiografico nella vicenda, anche se ho assistito di persona a piccoli atti di bullismo o emarginazione. Niente di eclatante, ma, tra questi, ho ancora il ricordo e il rammarico di aver appreso soltanto dopo alcuni giorni della morte di un mio compagno di classe, la cui assenza, essendo meno “inserito” di tanti altri, è passata, in quei giorni, quasi inosservata.

M. Io l’ho frequentato e non c’è nulla di autobiografico in quanto scritto. In quel liceo mi inserii molto bene; ero addirittura rappresentante di classe… L’atto di bullismo da cui è partita l’illuminazione del romanzo è avvenuto dopo. Ripeto, l’ho visto accadere e non sono intervenuto. Potessi riavvolgere il nastro della storia, agirei molto diversamente.

Ci sarà un seguito per l’ispettore Cavalieri, per la sua vita sentimentale in pezzi e per la sua lotta contro la malattia degenerativa che l’ha colpito?

P. Ci abbiamo pensato e ci stiamo pensando. Da parte mia, a prescindere dai personaggi creati in questo romanzo, credo che la nostra collaborazione possa e debba continuare, visto anche il successo che sta ottenendo “Una vita per una vita”, che a Udine e nei dintorni è esaurito in quasi tutte le librerie.

M. E’ una delle soluzioni a cui stiamo pensando. Di sicuro mi farebbe molto, molto piacere continuare la collaborazione con Pierluigi. Ne sarei onorato.

Milanonera ringrazia Pierluigi Porazzi e Massimo Campazzo per la disponibilità

Marco Zanoni

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