Wulf Dorn e lo spaventoso uomo nero della psichiatra

Dorn potrebbe fare l’attore. Mostra il fascino e la scioltezza di un animale da palcoscenico. La sua voce è calda e ben impostata. Dicono che sia straordinario sentirlo leggere o meglio interpretare il suo romanzo. Che poi è il suo romanzo di esordio, uno psicothriller pubblicato in Germania nell’ottobre del 2009. Avvolgente e sconvolgente.

Cosa ne pensa della opzione, a prima vista un po’ facile, del titolo italiano: La psichiatra al posto di Trigger, titolo originale del romanzo:grilletto di un’arma da fuoco o dispositivo da scatto di una macchina fotografica, più diretto e immediato.

Diretto e immediato, infatti! Per questo l’avevo scelto. In psicologia si dice trigger per indicare quei meccanismi che fanno scattare una reazione imprevista provocata da un’associazione di idee o da un fatto, ma in italiano non c’era traduzione adatta. Hanno chiesto la mia opinione, spiegandomi il problema e ho accettato. La psichiatra a suo modo crea attesa e incuriosisce. Mi va bene.

La lunghezza del prologo rallenta un po’ la narrazione. E’ voluto?

Certo! Volevo coinvolgere i lettori con una serie di situazioni apparentemente normali per poi costringerli a infilarsi nel cuore del thriller. Mi richiamo anche all’esperienza che si fa nel Museo delle Scienze di Colonia, dove esiste una stanza corridoio con il pavimento fatto a mosaico che, ingannando la percezione ottica dei visitatori, si restringe fino a diventare largo pochi centimetri, un vero imbuto.

Il buio e la notte dominano, spadroneggiano… Cosa stimola il terrore? La mente?

La mente esatto! L’oscurità, il non vedere, il non sapere suscitano paura, portano diritti fino all’incubo. L’immaginazione diventa un nemico pericoloso e l’uomo nero si avvicina.

Sembra che molti dei suoi precedenti racconti affrontino il genere thriller in maniera ironica. Nella Psichiatra non traspare ironia ma angoscia o definisce ironia i vermi dei ravioli nell’orribile scoperta finale?

Si, l’unica ironia che fa l’occhiolino.

Cosa sarà di Ellen? E’ una condanna totale la sua? Può immaginare una via d’uscita consolatoria?

Io ho dato l’imput, scritto il finale, ma questo compito non spetta a me. Forse il lettore potrà trovare una soluzione adatta.

Crede che un buon supporto psicologico, invece di voler dimenticare o meglio ignorare l’accaduto, avrebbe permesso a Lara una vita normale?

Possibile senz’altro. Ho incontrato bambine e giovani donne che hanno superato lo choc di una spaventosa esperienza e imparato a vivere con il ricordo, ad accettare la realtà, vincendo l’angoscia.

Le strutture psichiatriche italiane sono diverse dalle tedesche. Come le giudica?

Il sistema italiano, basato su un’assistenza psichiatrica di tipo comunitario è molto valido. In Germania esistono strutture all’avanguardia e i sistemi che vengono adottati ovunque sono moderni ed efficaci. Oggi il malato di mente viene seguito e assistito in modo altamente professionale. La Waldlink, la clinica che descrivo nel mio romanzo, è la fusione di tre diverse cliniche specialistiche. Ma il conoscerle, da oltre un decennio seguo il reinserimento professionale di soggetti psichiatrici, mi ha aiutato molto nell’ambientazione del romanzo.

Oggi si restituisce all’elettrochoc moderno, praticato sotto l’effetto di anestetici e con i muscoli rilassati, un compito di supporto valido per la terapia. Ma il vecchio modo che si legge nel romanzo era normale nei manicomi della Romania fino a tempi recenti.

Nell’antichità la follia incuteva timore e i pazzi venivano curati con i metodi più disparati. Tra gli antichi romani, per esempio, venivano ubriacati fino allo stordimento.

Cosa porta Mark, lo psichiatra amico, a non indovinare la spaventosa realtà di Ellen?

Mark è forse l’unico normale in mezzo a tanti pazzi, ma rappresenta anche il prototipo di tanti psichiatri. E forse l’innamoramento acceca e porta a non poter immaginare inganno e distorsione nella persona amata.

Una domanda personale. Cosa le ha fatto a scegliere di diventare il padrone di una penisola scozzese?

Non ne sono il padrone, ma il custode. La proprietà di una striscia nella riserva naturale della penisola scozzese di Ardnamurchan, vero piccolo paradiso, è stato il regalo di compleanno di mia sorella che ho apprezzato moltissimo.

patrizia debicke

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