Wunderkind. La rosa e i tre chiodi



g. l. d'andrea
Wunderkind. La rosa e i tre chiodi
mondadori
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La trilogia del Wunderkind è un mondo. O meglio molti mondi. Così come la frase che in questo libro riecheggia spesso: “Un trucco dentro un trucco, dentro un altro trucco”; così questa trilogia è un mondo dentro un mondo, dentro un insieme di mondi. 

Avevamo lasciato nel primo libro Caius, il ragazzino pelle e ossa che è il Wunderkind, nelle mani del folle venditore Spiegelmann. I suoi  compagni sono sconfitti e una guerra sta per travolgere il Dent de Nuit, il misterioso quartiere di Parigi in qui questa trilogia è ambientata. Ora lo ritroviamo prigioniero del Venditore, in cella con un Caghoulard, “essere abbietto che conosce la poesia della carne straziata ma non quella della compassione”, come li descrive D’Andrea; ciò che accadrà nelle pagine a seguire, tra la guerra a colpi di agguati che riempie di sangue il quartiere, il dolore strisciante che colpisce ogni personaggio del libro, è un’esperienza più da leggere che da riassumere. 

Ciò che colpisce in D’Andrea è la commistione di generi e situazioni che riesce a creare. Non un solo tempo e non un solo spazio pervadono il libro. 

Ambientato a Parigi nei giorni nostri, per quanto il Dent de Nuit abbia un certo fascino gotico, la storia attraversa epoche diverse e racchiude in sé guerre che attraversano i mondi e le realtà.

Da alcune pagine traspare l’amore per Lovercraft e sembra sentirlo narrare l’ignoto e l’inquietudine di storie ed esseri che si muovono tra la vita e la morte.

 Allo stesso tempo, però, questo secondo libro ha in sé tutte le particolarità del noir, la differenza tra bene e male è un confine labile e non vi è giustizia e pace nello stare dalla parte dei buoni. 

Nel La Rosa e i Tre Chiodi si sbaglia per ciò in cui si crede e ci si trova ad affrontare l’orrore con l’orrore consumandosi l’anima; le vite dei protagonisti si riempiono di errori e sofferenze e alcuni sbagli sembrano rieccheggiare nell’eternità. Nel libro, per amore si compiono atti folli e gli amori stessi che si vivono hanno dell’impossibile. 

 La trilogia del Wunderkind ha la potenza del mito: ciò che si intravede del prossimo libro ha dell’inquietante, alla fine del “La Rosa e i Tre Chiodi,  Caius Strauss ci apparirà completamente diverso. Il ragazzino pelle e ossa, impaurito e trasportato in una storia molto più grande di lui, ha sofferto e  ha imparato dal dolore e  parte per affrontare qualcosa che sembra rappresentare l’orrore in sé e per sé. 

Con questo libro D’Andrea ci trasporta in un’altra era del fantasy italiano, tenendo sempre presente la non possibilità di catalogazione di quest’opera: dalla lingua fino alla narrazione, tutto è un mondo dentro un altro mondo, a raccontare il delirio geografico, storico e esistenziale dei protagonisti.

andrea vescio

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