Wulf Dorn: Così costruisco i best seller

L’autore tedesco che si è imposto al grande pubblico con La Psichiatra, è di nuovo in libreria con un secondo noir: Il Superstite, che già si preannuncia un best seller. In questa intervista esclusiva svela a MilanoNera il segreto del suo successo.

E’ in Italia per presentare il suo romanzo ll superstite, un noir che, come il libro precedente, ha per protagonista uno psichiatra. Jan Forstner, assunto alla WaldKlinik, la stessa struttura in cui lavorava suo padre, deve confrontarsi con i fantasmi che agitano la mente dei pazienti e con i propri. Soprattutto, deve superare la cupa depressione che lo ha afferrato dopo la scomparsa del fratellino: una tragedia della quale si è sempre attribuito la colpa e che è stata la causa della distruzione della sua famiglia.

Abbiamo incontrato l’autore a Milano, nella deliziosa cornice del dehors dell’hotel Manin, un gioiellino Liberty purtroppo schiacciato dagli alti palazzi che lo sovrastano.

E’ un uomo gentile e straordinariamente disponibile Wurf Dorn. Intervistarlo è stato un piacere, soprattutto perché ha accettato di rivelarci nel dettaglio il segreto di un successo del quale stenta lui stesso a capacitarsi.

Dopo La psichiatra (Corbaccio) lei ci riprova con un altro thriller imperniato sul disagio mentale. Non è che da grande sogna di fare lo psichiatra?

Risata. “No, no, ho ho sempre voluto fare lo scrittore. Però la psichiatria mi interessa molto. Per questo ne ho fatto l’argomento del secondo libro. Con Il superstite sono tornato a Fahlenberg, nella stessa clinica, per approfondire alcuni punti che avevo lasciato in sospeso.”

Si aspettava il successo di La psichiatra che, va detto, si è imposto soprattutto col tam tam dei lettori?

“No. Sinceramente no. Il successo di un libro è una cosa che tutti gli scrittori sognano ma che si verifica di rado. Io per la verità non sono neanche convinto di non stare sognando e temo che da un momento all’altro arrivi il pizzicotto che mi sveglia.“

Non mi addentrerò nella trama dei suoi romanzi perché penso che i thriller debbano essere scoperti dai lettori. Dirò solo che entrambi sono ambientati nel reparto psichiatrico di una clinica e che gli ingredienti sono esattamente quelli che piacciono al grande pubblico: malattia mentale, misteriose scomparse, omicidi, ragazzini in pericolo, incubi del passato, azione, suspence… Per azzeccarli ha fatto uno studio speciale oppure le sono venuti così, per dote naturale?

“Prima di essere scrittore io sono un lettore e lo studio l’ho fatto sui libri altrui. Leggendo, cerco sempre di capire perché un certo romanzo mi emoziona, perché determinati personaggi mi colpiscono. Poi, scrivendo, mi chiedo se quello che appassiona me potrà coinvolgere anche i lettori. Qui voglio precisare che ritengo essenziale affrontare solo temi che mi interessano davvero. Solo così riesco a essere convincente. Il lettore se ne accorge quando chi scrive tenta di ingannarlo affrontando argomenti che magari seguono la tendenza momentanea, ma gli sono estranei e, anzi, lo annoiano. Qualcuno potrebbe osservare che ho agganciato il successo con un argomento di moda come la psichiatria, ma sono tanti gli argomenti in primo piano oggi: potere bancario, criminalità finanziaria, politica, immigrazione… La mia scelta è stata orientata solo da un vero interesse personale.

Come nascono le sue storie? Da ricordi personali? Da fatti di cronaca? Sono vicende “rubate” origliando le conversazioni altrui…

Un po’ di tutto questo, più moltissima fantasia. Ho sempre un sacco di idee e tengo a portata di mano una scatoletta piena di foglietti su cui le annoto. Quando mi accingo a scrivere un nuovo romanzo la apro e comincio a esaminare gli appunti uno per uno. Inoltre, durante la fase di scrittura sono molto sensibile e a volte mi capita, magari per un episodio o un dialogo, di ricorrere a qualcosa che ho sentito una sera al ristorante o in treno. Per questo, quando sono in mezzo agli altri, osservo e prendo nota. Per esempio, ho saputo che il giardino in cui ci troviamo adesso (quello dell’Hotel Manin) era un antico cimitero precristiano. E allora, chi lo sa? forse in una prossima storia potrei utilizzare anche a questa informazione.

Voglio rubarle il segreto del best seller. Qual è il suo metodo di lavoro? Parte da un progetto ben definito e lo allarga via via? Effettua in anticipo la suddivisione in capitoli? Scrivendo, segue l’impulso dell’ispirazione momentanea?

Il mio segreto, che credo sia anche una regola precisa della scrittura creativa, è di non annoiare mai il lettore. Detto questo, ecco in sintesi qual è il mio metodo di lavoro. Una volta steso il primo abbozzo di soggetto e sviluppata grossolanamente la trama, comincio con lo stendere la biografia, breve ma completa, di ciascun personaggio partendo dai protagonisti e scendendo via via d’importanza, badando però a non sottovalutare nessuno. Poi inizio il lavoro di suddivisione in capitoli. Per ogni capitolo faccio un breve riassunto per avere sempre sottocchio gli avvenimenti. In questa fase può anche capitare che uno dei miei personaggi mi faccia capire che una certa cosa non ha nessuna voglia di farla. Infine, e questo credo che tutti gli autori lo sappiano, mentre si sta scrivendo bisogna vivere insieme con i personaggi, provare le stesse emozioni. Ecco, il mio segreto è tutto qui: cercare di trasmettere agli altri quello che provo io stesso, mettendo però sulla carta tutto quanto con metodo. Sono convinto che un romanzo di successo non nasca mai a casaccio ma sia frutto, oltre che della creatività e dello stile personale dell’autore, anche di un lavoro meticoloso e organico nel quale entrano anche i suggerimenti altrui, le critiche che bisogna valutare attentamente. Poi occorre tenere presenti, senza farne però il perno centrale del lavoro, anche gli orientamenti del pubblico, l’attualità, la situazione socioculturale, la moda del momento. Non tanto per assecondare i lettori, ma per non scrivere un romanzo che poi risulterebbe anacronistico, avulso dalla realtà, vecchio prima ancora di essere nato.

Adele Marini

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