Due chiacchiere con Massimo Carlotto, una delle più importanti voci del noir italiano attualmente in libreria con La signora del martedì Edizioni E/O.
Dobbiamo, necessariamente, iniziare dai tre protagonisti del romanzo. Siamo abituati a personaggi amorali e crudeli ma questa volta abbiamo protagonisti tristi e un po’ depressi. Ci racconti da quale telenovela o fumetto escono fuori Bonamente, Nanà e la signora Alfredo?
Il signor Alfredo da un incontro casuale in un ufficio postale. Un tempo era la più bella travestita di Padova e vederla costretta a “travestirsi” da uomo mi ha spinto a chiederle di raccontarmi il “dopo” di un corpo che ha avuto un uso sociale per essersi prostituito. Realtà, quindi. Come l’industria del porno che distrugge corpi costretti a ingurgitare chimica per sostenere i ritmi dei set cinematografici. Chimica che mina la salute e a quarant’anni un attore è da rottamare. Nanà è un altro corpo con un “dopo”. Nanà è anche una storia giudiziaria come tante ai tempi dei social. Io li definisco i “nascosti”, personaggi che vivono ai margini per sfuggire allo sguardo perbenista della società.
Tristi e un po’ depressi? Da questo punto di vista mi sembrano nella norma.
Dal racconto delle vite, delle paure e delle solitudini dei tre protagonisti ci assale una grande malinconia. Come si potrebbe mai condannarli se, in un sistema nel quale “i sentimenti più diffusi sono il rancore, l’astio e l’indifferenza”, loro sono gli unici che esprimono una sincerità assoluta nei sentimenti e nelle loro passioni?
Spero non siano gli unici. Il primato di rancore, astio e indifferenza è condiviso dalle ricerche antropologiche e sociologiche degli ultimi anni. E temo che nel prossimo futuro, a dispetto di una narrazione che sventola tricolore e sprizza buoni sentimenti, la situazione non cambierà.
La sincerità nei sentimenti e nelle passioni è una scelta individuale. Cercare altre persone sulla stessa lunghezza d’onda è una conseguenza. Vivere in questo mondo è complicato e questa difficoltà è vissuta spesso in totale solitudine. Un errore strategico figlio di un’interpretazione errata dell’esistenza e della società. Questi tre personaggi, al netto delle loro storie personali, capiscono che da soli non sono in grado di vivere in modo degno. E allora…
Convinti di leggere un noir ci siamo ritrovati in una vicenda che non ci conduce alla scoperta di un assassino ma che, per un accidente, costringe i protagonisti ad uscire da sotto i sassi dove si sono rintanati. Basterà loro cambiare abito, mettersi una parrucca o travestirsi per trovare la propria identità?
Ho voluto scrivere un romanzo con una trama che mi permettesse di destrutturare la logica: crimine, indagine, soluzione e la centralità dei personaggi concentrata di solito su: vittima, carnefice, investigatori. Ho preferito una struttura circolare, che il noir ammette dato che la vicenda è raccontata attraverso la lente d’ingrandimento del crimine. I “nascosti”, le persone che non vogliono farsi notare, sono abituati a cambiare pelle. Non significa cadere nel trasformismo ma fingere di essere altro per rimanere se stessi.
Il “cambiare abito” mi ha permesso inoltre di introdurre un altro argomento: la doppia vita, fenomeno dilagante in questa società dove, come scrivevo prima, non è affatto facile vivere serenamente.
Questa volta il confine tra il bene e il male è proprio invisibile, non si sa chi dobbiamo assolvere e chi condannare in un sistema in cui “l’ingiustizia ti avvelena ogni giorno”. Un disincanto elaborato negli ultimi anni? Dov’è la ricerca della giustizia ad ogni costo dell’Alligatore?
Infatti l’Alligatore, che non viene citato per nome ma indicato come l’uomo con gli stivali texani, è in crisi. Vorrebbe far trionfare verità e giustizia ma, addirittura, è costretto a negarla ai diretti interessati. Forse riuscirà a ritrovare la giustizia nei prossimi casi ma in questo la realtà è diversa. Il problema è che la giustizia, come la verità del resto, sono state ridotte a rappresentazioni virtuali, mediatiche. La “realtà dei fatti”, come si diceva un tempo, è un concetto superato in una società che finge di non averne più bisogno di certezze perché le autoproduce.
Tra laidi giornalisti e poliziotti opportunisti e paraculi il romanzo è un feroce j’accuse al metodo dello “shitstorm”, delle gogne mediatiche dei social e dei talkshow. E’ lui il vero nemico per i protagonisti (e per il lettore)?
I social sono una sterminata prateria contesa a morsi da individui, bande e interessi politici, economici, finanziari. Lo Shitstorm è un fenomeno perverso e violento causato dalla mancanza di controllo e di norme che si è trasformato in una forma di annientamento, anche pilotata, di persone e altro. A mio avviso molto pericoloso (il fatto che sia anche ingiusto è un dettaglio in questo caso) e che necessita interventi correttivi. Se non è troppo tardi.
La narrativa ai tempi del covid: in che modo questa pandemia interferirà con la scrittura? Sarà possibile scrivere facendo finta che non sia successo? Come immagini un noir ambientato nel 2020?
In realtà sto scrivendo il nuovo romanzo e al momento la pandemia non sta influenzando il mio immaginario. La letteratura, citando Eco a grandi linee, fa viaggiare il lettore in mondi nuovi e sconosciuti, mentre l’esperienza che stiamo vivendo è condivisa e ben nota a tutti noi. Credo che il segreto di un buon romanzo sarà tenere ben presente l’immaginario condiviso ma non cadere nell’errore di ritenere che il virus abbia cancellato dall’umanità quei temi universali che la letteratura ha sempre raccontato.
Cosa pensi delle presentazioni dei libri via web? Soluzione solo temporanea o possibile opzione anche in situazioni normali ?
Spero di cuore che si tratti di una soluzione temporanea. Non voglio nemmeno pensare di trascorrere il mio tempo davanti allo schermo di un pc. Voglio tornare nelle librerie, nelle biblioteche, nei festival per incontrare i lettori. Non posso coltivare l’idea che il mio progetto di scrittura racconti realtà e complessità se poi sono costretto a rappresentarla virtualmente.
Come tutte le altre pandemie anche questa è destinata a esaurirsi. Resta a noi la scelta di decidere se questo modello di vita sociale, imposto dall’emergenza, piace o meno. Per quanto mi riguarda ho già scelto.
MilanoNera ringrazia Massimo Carlotto per la disponibilità.
Le foto di Massimo Carlotto sono di @Michele Corleone – NebbiaGialla 2020