Dopo aver recensito Quel che resta del peccato, la redazione di Milano Nera ha il piacere di fare una breve intervista a Matthias Graziani.
Innanzitutto ti ringraziamo della disponibilità. Sei pronto?
Crediamo che il miglior venditore dell’opera sia l’autore. Se non sei d’accordo, è troppo tardi, ormai ti tocca. Presenta, a chi non lo conosce, Quel che resta del peccato ed elenca alcuni buoni motivi perché la lettura sia indispensabile.
Innanzitutto non è soltanto un thriller. C’è la parte tipica del giallo (con un’indagine e un serial killer), del noir ma soprattutto del pulp e dell’hard boiled. Quindi non aspettatevi un classico thriller. Inoltre la Bolzano nel mio romanzo è molto cupa e violenta, ma vi assicuro che non è soltanto inventata. La tipica città da cartolina che tutti siamo abituati a vedere esiste, ma non è l’unica faccia del capoluogo. Oltre agli omicidi durante il romanzo ci sarà una faida tra bande di motociclisti e il protagonista verrà tirato in mezzo in questa vera e propria guerra sull’asfalto.
Sai, pensavo che Bolzano fosse una città fatta di speck e mele. Leggendo Quel che resta del peccato ho cambiato idea, ma avendo a che fare con uno scrittore, non si sa mai dove finisce la realtà e inizia l’immaginazione. Cosa è reale e cosa no nella tua “cattiva” Bolzano?
Credo che in ogni luogo si celi il male. I cattivi ci sono ovunque, basta scovarli. Bolzano ha i suoi lati oscuri, ma Bolzano è anche tanto brava a riuscire a nasconderli. E’ vero, è una città che non si può paragonare ad altre, si vive meglio (ma costa di più), funziona meglio, è più pulita, meglio organizzata… solo a me viene voglia di andare a scavare a fondo e far ermergere il suo lato marcio e sporco? Diciamo che i personaggi sono inventati (e sono le persone a essere cattive, mica lo è la città) ma le zone “poco turistiche” che ho descritto ci sono tutte (e nemmeno tanto lontane dal centro storico). Inoltre tutta la questione della faida tra bande di motociclisti non è inventata completamente: abbiamo sempre avuto esponenti di bikers, di bande famose, più o meno attive e più o meno violente. Quindi possiamo dire che i personaggi sono inventati, e così le loro azioni, ma certe zone e certe situazioni si ispirano alla cronaca locale.
Immagina la scena, tu e Kurt a un tavolo del Blutwurst. Di cosa parlereste e con quale alcolico bagnereste le vostre labbra? Vi raggiunge anche Vanessa o preferite restare soli?
Mi piacerebbe tanto! Sicuramente verrebbe anche Vanessa, anzi, sarebbe la prima invitata. Sicuramente si parlerebbe di certe situazioni “bolzanine” prendendo per i fondelli personaggi più o meno noti. Kurt berrebbe del whisky e gli farei compagnia.
Confessa, vogliamo sapere il titolo di un romanzo di un altro autore che avresti voluto scrivere tu. Tranquillo. Sappiamo che non è invidia ma ammirazione, però non dimenticarti di dirci anche il perché.
Direi “Misery” di Stephen King. Ovviamente non per motivi di successo, sarebbe troppo scontata come risposta. Più che altro per la capacità dell’autore di scrivere un intero romanzo basandosi su due personaggi in un’unica ambientazione! L’idea di scrivere un libro non potendo praticamente mai uscire da una camera da letto mi affascina e mi terrorizza (a livello tecnico) ancora di più. Non so se ne sarei capace. Ma del resto se King è il Re un motivo ci sarà…
C’è chi sostiene che la scrittura sia un dono che si impossessa dello scrittore, invece per altri è una forma di artigianato che si può insegnare. Tu da che parte stai?
Da entrambe le parti. La capacità di saper esternare ciò che si prova, attraverso le parole (o attraverso la musica, la pittura ecc.) riuscire a immaginare (e inventare) un mondo parallelo e avere un proprio stile differente dagli altri è certamente un dono, uno ce l’ha o meno. Il saper fare pratica, riuscire ad avvicinarsi a quel dono (senza raggiungerlo) e padroneggiare la tecnica è, invece, qualcosa che si può insegnare. Sicuramente sono partito col dono: scrivo fin da ragazzino, invento mondi e personaggi appena posso e faccio di tutto per trasmettere al meglio queste emozioni. Strada facendo però cerco di migliorare costantemente e non riterrò mai di essere arrivato. Quando si ama scrivere non si arriva mai, si muore migliorando.
La letteratura è solo intrattenimento oppure c’è qualcosa di più?
Sicuramente c’è tanto di più. C’è chi scrive soltanto per far riflettere, c’è chi scrive per protestare e sono solo alcuni esempi… io sicuramente scrivo per intrattenere e tra le righe inserisco elementi che un lettore può cogliere per riflettere. Non mi piace la riflessione
La tortura è finita, te la sei cavata bene e con onore. Franz approverebbe.
Grazie mille, ti aspettiamo con un nuovo romanzo e ti auguriamo buona scrittura.
qui la nostra recensione a Quel che resta del peccato-
Qui la nostra recensione a Sottopelle