Ballata chimica.
Tutte le nozioni della chimica che mi servono nello svolgimento delle mie azioni quotidiane le ho apprese durante la lettura de Le affinità elettive. Così è grazie all’illustre signor Goethe se ho scoperto l’esistenza dell’affinità chimica, quella relazione che regola la tendenza che porta gli elementi chimici a creare legami con alcune sostanze piuttosto che con altre. Insomma, una versione più scientifica del detto “chi si somiglia si piglia” e/o la dimostrazione concreta e reale della possibilità di ricongiungersi con l’anima gemella e che l’androgino non è un mito che ci starà sempre alle spalle – come una condanna – ma una possibilità contemplata dalla natura.
Il resto della materia, il corpus che si insegna sui banchi di scuola, per me non era nient’altro che una manciata di ore nell’orario settimanale delle superiori. Un po’ poco, vero ma la mia avversione per le materie scientifiche non mi ha impedito di allungare le zampe su Acido Fenico – ballata per Mimmo Carunchio, camorrista – un monologo scritto da Giancarlo De Cataldo, pubblicato da Einaudi nella collana Stile Libero Extra. Nel volume, oltre al testo teatrale c’è la graphic novel sceneggiata da Steve Della Casa e illustrata da Giordano Saviotti.
La prima nazionale fu messa in scena da Salvatore Tramacere con musiche dei Sud Sound System nel luglio del 2000 al Festival di Sant’Arcangelo di Romagna. Questo lo so grazie alla post-fazione dell’autore e non perché ho avuto la fortuna di assistere allo spettacolo, purtroppo. Le tavole di Saviotti sono l’adattamento del testo di De Cataldo ed è una buona trasposizione che traghetta l’opera da una forma artistica all’altra.
Il protagonista unico è Mimmo Carunchio, un camorrista che confessa… No, non confessa nulla, racconta la propria vita al magistrato che lo sta interrogando. Giancarlo De Cataldo è un giudice, quindi sa come si svolge un interrogatorio, ma è anche un ottimo scrittore – non me ne vogliate ma considero il suo Romanzo Criminale un vero e proprio capolavoro – che riesce a dare la voce giusta e un ritmo perfetto alla vita e alle gesta del camorrista. Detesto scrivere sinossi e riassunti, ho sempre paura di scrivere troppo o troppo poco, così vorrei concentrarmi più sul titolo, Acido Fenico.
Dalla quarta di copertina: “È odore di mare e di violenza. / È odore di paura e di speranza. / È odore di sartiame e di disperazione. / È acido fenico.”
Per Mimmo l’acido fenico è l’odore della sua infanzia, della povertà schernita da alcuni compagni di scuola e l’odore pungente che lo ha spinto a prendersi tutto.
Una storia di riscatto certo, ma del cattivo. L’ascesa e la caduta di un delinquente che, con l’aiuto di un mentore con le fattezze di Charles Bronson, si lascia guidare dalla chimica dei sentimenti per saziare la propria avidità. Il camorrista è affine al potere e al denaro, quindi fa il possibile per legarsi a essi. Un caso di affinità elettive sì, ma criminali.
Leggendo mi sono chiesto dove avessi già incontrato l’acido fenico e, siccome non riuscivo a ricordare, mi sono tuffato nei verdi pascoli di Wikipedia e ho scoperto dove lo avevo già visto. Il composto ha una formula che mi è incomprensibile, ma nella storia ha avuto alcuni utilizzi quali: antisettico, disinfettante e veleno per le esecuzioni capitali.
Abito in un luogo infelice e distante da tutto, dalle mie parti il mare è poco più di un miraggio, quindi credo a De Cataldo quando scrive che l’acido fenico è l’odore dei porti, un olezzo composto da “un po’ di alghe morte, del petrolio, una spolverata di corda incatramata, merda di gabbiano.”
Mentre riflettevo, una strana associazione di idee si è fatta largo nei miei pensieri; camorrista e veleno. Non credo si tratti di una suggestione perché ne ho trovato la conferma in un passaggio preciso.
“Perché la gente ha bisogno di case, di comodità, e noi gli davamo una casa e una comodità. Non c’è mattone di questa casa che non ci ha fruttato una lira, caro dottore… come dice? Si capisce che la città è diventata brutta! Ma è proprio qui che sta il bello, caro dottore… il brutto si deve vedere, così la gente capisce e se ne sta al posto suo. Che se ne farebbe di gente come noi una bella città ordinata, pulita, fiorita, con i bambini che giocano nelle strade e il comune che si fa il mazzo per garantire a tutti i servizi di prima qualità… noi il bello ce lo teniamo dentro il cuore. O nel salotto […] tenevo tre Jacuzzi, tenevo le poltrone di pelle di leopardo, sette otto televisori, dieci impianti stereofonici, la tazza del cesso con le finiture in oro, la sauna e un letto circolare e sei domestiche che mi cambiavano le lenzuola due volte al giorno…”
La camorra è un veleno per la società, tant’è che Mimmo spaccia un’infiltrazione mafiosa nell’edilizia e nella politica come se fosse un atto dovuto e necessario per soddisfare le esigenze di avere una casa e una comodità. Al netto dell’incapacità e l’inettitudine di alcuni amministratori locali, gli stessi che per tornaconto personale coinvolgono questi individui, la camorra non soddisfa le esigenze primarie dei cittadini ma avvelena la città, non apporta alcun beneficio, e il bello che trattiene nel cuore non è un pot-pourri di buoni sentimenti ma una accozzaglia di beni materiali che manifestano ricchezza e leniscono, solo in parte, la necessità di salire sempre più in alto nella gerarchia mafiosa.
Consiglio la lettura di Acido Fenico a tutti quelli convinti che si tratti dell’ennesima replica di Scarface o la versione teatrale de Il Re di Jon Roberts e Evan Wright, perché per quanto si tratti di una rappresentazione teatrale è uno spaccato di realtà di cui tutti ci lamentiamo, chi sul serio e chi per etichetta, ma contro cui molti di noi non fanno nulla se non una marea di chiacchiere.