Lo dice lui stesso, Antonio Manzini, il vicequestore Rocco Schiavone in questo nuovo libro, “Fate il vostro gioco” (Sellerio, pagg. 400, 15 euro), già in vetta alle classifiche, si è un po’ rammollito: “E’ diverso – sostiene – sente il peso degli anni, gli amici d’infanzia legati a una Roma che non esiste più, sono lontani, le donne con le quali fa sesso rappresentano figure di secondo piano, le tiene alla larga per non mettersi in gioco, per non vivere amori che potrebbero farlo soffrire. Aosta è una città chiusa, claustrale ben diversa dal suo passato. Seguendo i consigli della moglie assassinata Marina, con cui mantiene un dialogo immaginario, in questo libro riprende a vivere. E, per riprendere a vivere, devi addolcirsi. Sta mutando pelle, gli anni passano anche per questo poliziotto anomalo”. Afferma: “Statene certi, comunque, che nel prossimo libro, che per altro ho già pronto, Rocco Schiavone tornerà ad essere se stesso, cinico, spregiudicato e tosto”.
Rocco in “Fate il vostro gioco” rinuncia a una notte di sesso per consolare un adolescente, suo vicino di casa: “Qualche anno prima – aggiunge Manzini – avrebbe maledetto il cielo, oggi sorride. Vuole bene a Gabriele, è il figlio che non ha avuto e finisce col prendersi cura pure della madre che è legata al Casino. E poi in questo libro ho voluto mettere la ludopatia, un tema di cui si parla poco, il mio bisnonno si giocò a carte tutti i suoi averi nell’Ottocento, rimase senza una lira e sposò mia nonna, giovane donna del popolo. Chissà se non avesse sperperato al gioco forse non sarei nato. Al di là di questo, credo che uno scrittore abbia il compito e il dovere di porsi in modo attento di fronte ai grandi temi e alle situazioni di disagio del nostro tempo e oggi, il gioco, crea dipendenza, distrugge persone; i Casino, come scrivo anche nel libro, sono in forte crisi. Si gioca su tutto e si scommette su qualsiasi cosa sempre. Anche nel corso di una partita di calcio davanti alla tivù. Siamo figli di un tempo che alimenta desideri e patologie”.
Prosegue: “Da grande frequentatore della Valle d’Aosta, ho conosciuto un croupier ormai a riposo, Domenico Macrì, che mi ha raccontato diverse storie intorno al gioco, al Casino, alla roulette e così mi è venuta voglia di scrivere questo romanzo”. Parla di se stesso, Antonio Manzini, ha voglia di raccontare e di raccontarsi. Nel libro Schiavone traccia un amaro bilancio esistenziale: “Ha quasi 50 anni – dice – non ha una famiglia, vive solo con un cane, fa un lavoro schifoso. Io di anni ne ho 54, una famiglia fantastica, cinque cani e un lavoro che mi piace profondamente. So di essere stato fortunato, ho avuto culo. Facevo l’attore, scrivevo soggetti per il teatro, non ho mai pensato che avrei passato il resto della mia vita a scrivere romanzi; scrissi alcuni anni fa “Pista nera”, il primo libro che ha come protagonista Rocco Schiavone, lo diedi da leggere a un’amica che senza dirmi nulla, lo passò a Sellerio, dopo sette mesi mi chiamarono e da allora ho toccato con mano il successo. Cosa che non avevo avuto da attore e neppure da sceneggiatore. Scrivo storie, Schiavone è il mio alter ego, mi confronto spesso con Andrea Camilleri, un amico, ma soprattutto un fenomeno di scrittura, il nostro Simenon, e così Schiavone ha fatto strada ed è nata la fiction, che comunque ha risvolti diversi dai libri. I linguaggi sono differenti, la tivù lavora per immagini, io lavoro con le parole, per cui l’interpretazione di Giallini è azzeccata, ma io sono felice quando i lettori mi dicono come hanno immaginato, leggendo un mio libro, questo personaggio che la tivù ha reso nazional-popolare”.
Comunque libro e fiction sono storie parallele che aiutano al successo di Manzini. Il suo Schiavone è il viceispettore più noto, ovviamente dopo il commisssario Montalbano. Camilleri docet.
Qui la recensione di MilanoNera a Fate il vostro gioco
La foto di Antonio Manzini è di Paolo Manacorda