Antonio Moresco: una segreta passione per il Noir – Canto di D’Arco

41vFdGX3OHL._SX329_BO1,204,203,200_Abbiamo incontrato Antonio Moresco presso la sede della casa editrice SEM che ha pubblicato il suo romanzo-fiume di 710 pagine: Canto di D’Arco. Va detto subito che questo signore dai modi eleganti e dal tono gentile, pacato, quasi dimesso, è considerato uno dei massimi scrittori di oggi sia in Italia che all’estero. Un grande privilegio, dunque, averlo conosciuto. Un privilegio con una sorpresa : ci ha rivelato che adora il noir e che dai migliori narratori del genere ha imparato molto, soprattutto riguardo all’uso delle armi e ai dialoghi, sui quali ha modellato il carattere e l’azione del suo protagonista : D’Arco, lo sbirro morto.

Con Canto di D’Arco, un romanzo pieno di metafore profonde e di concetti che provengono dal pensiero alto, anzi, un romanzo che è esso stesso una metafora dell’idea di male senza speranza, concetto questo che appartiene al pensiero dei grandi filosofi da Kant a Emanuele Severino, lei ha costruito un thriller con dialoghi da thriller ed elementi, come l’uso delle armi, che mostrano come anche in questo genere considerato minore rispetto alla letteratura “maggiore” lei sia competente. Come si è documentato? come ha costruito questo scenario?
Io leggo anche molti romanzi di genere, thriller, noir che secondo me talvolta sono superiori ai romanzi cosiddetti “letterari” i cui autori si credono eccelsi per il semplice fatto di appartenere a una categoria considerata elevata. Dei migliori scrittori di noir e di thriller, quello che apprezzo è la capacità di costruire macchine narrative perfette, che funzionano, una dote che spesso gli scrittori letterari non possiedono e finiscono per trasformare questa mancanza in un valore. Da qui, l’abitudine di guardare dall’alto in basso gli scrittori di genere che invece sono superiori.
Io vengo dal basso come scrittore essendo autodidatta e trovo intollerabile questo atteggiamento.

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Ma lei, i romanzi noir, li ama veramente ? Riesce ad appassionarsi?
Io leggo molti gialli, molti noir. Simenon, Jeffery Deaver… mi appassionano perché trovo in essi argomenti forti e talvolta anche risposte ai grandi interrogativi della vita, per questo affermò che della letteratura non si butta via niente. Semmai si dovrebbe cercare di spingersi sempre un po’ più in là. O, meglio, di volare un po’ più alto.

Ma cosa trova nei noir e nei thriller che l’appassiona, oltre alla macchina narrativa?
Quando leggo un noir, un thriller che mi dà una raffigurazione molto forte del male, rimango conquistato e mi porto a casa l’insegnamento.

Ma perché l’affascina tanto la letteratura di genere?
Perché contiene un senso di concretezza riguardo al male che la letteratura che si definisce “alta” spesso non ha, preferendo
lavorare sopra i meccanismi psicologici, gli stati d’animo eccetera. Poi perché pone il male al centro del mondo e della vita, un’operazione che era usuale presso i grandi narratori dell’Ottocento: Charles Dickens, Fjodor Dostoevskij. Poi c’è un altro fatto curioso che distingue l’alta letteratura da quella di genere: ha notato come spesso gli scrittori considerati letterari, quelli che non toccherebbero un noir neanche con la punta dell’ombrello, producano libretti piccolissimi, poche pagine come gli opuscoli, e diano a questa esiguità un valore intrinseco, quasi fossero distillati di sapere?
Mentre, al contrario, gli scrittori di genere ci danno dentro come matti e costruiscono interi universi nelle pagine di un libro. È così che hanno riconquistato una posizione ambitissima presso tutti i lettori, perché hanno il fascino che apparteneva ai grandi narratori di un tempo come Dickens, Victor Hugo, Balzac, che erano davvero straordinari. Loro lavoravano sui fatti della vita più che sui sentimenti e sulla psicologia. Ovviamente fra gli scrittori di genere noir bisogna fare distinzioni perché ci sono livelli molto diversi. A me interessa il prodotto, cioè il romanzo, non le gabbie in cui gli autori sono stati rinchiusi assegnando a ciascuno un’etichetta di genere. Non le sopporto queste gabbie! Si possono esprimere concetti elevati anche scrivendo un giallo, basta che dietro alle parole ci sia pensiero e genialità, non storie banali o di maniera.

MilanoNera ringrazia Antonio Moresco e la SEM per la disponibilità

Adele Marini

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