La maggior parte delle Vittime di morti violente sono donne, lo si scopre in “Vittime per sempre” di Barbara Benedettelli. Un libro che arriva al cuore, legato da un filo ideale a “Delitti del condominio. Storie di vicini che ammazzano” scritto nel 2008 insieme al marito Claudio Brachino. Sta dalla parte dei parenti delle Vittime, ne descrive il dolore, il tormento, e spesso l’indignazione nel vedere in breve tempo i colpevoli liberi di dimenticare e di rifarsi una vita. “La morte di un familiare che avviene attraverso la violenza è come l’anticipo della propria fine. E’ la propria carne che viene maciullata, è il proprio sangue che scorre via. Le grida disperate di chi muore ammazzato sono come echi perenni nella mente di chi resta. La vita di chi rimane non è più viva. Si esiste per inerzia” sono affermazioni dell’autrice. Come evidenzia anche il professor Massimo Picozzi nella bella postfazione “Chi resta è un sopravvissuto, un superstite, una Vittima secondaria, e il suo mondo cambia drasticamente, bruscamente e per sempre. In risposta allo shock della comunicazione, molti dei sopravvissuti negano apertamente la morte del loro caro.” Dopo la negazione e la rabbia “ ecco anche il senso di colpa, – continua Picozzi – che i familiari provano perché pensano o credono che avrebbero potuto fare qualcosa per impedire l’omicidio. Ad accompagnare poi la negazione, la rabbia e la colpa, vi sono reazioni importanti di angoscia, intensa e travolgente tanto da assumere le vesti di un dolore fisico, una morsa al cuore, un nodo alla gola.”. Questo è quanto hanno provato i parenti di vittime delle quali a stento ricordiamo i nomi persi tra poche righe in cronaca e di casi più noti come il piccolo Tommaso Onofri la cui mamma Paola fu inizialmente sospettata di complicità con i rapitori, e Rita Dalla Chiesa che nella toccante prefazione rievoca come aveva appreso la morte del padre e il suo dolore.
Quando è cominciato il suo impegno nel dar voce ai parenti delle Vittime?
E’ stato Livio, il cugino di Tamara Monti (l’addestratrice di delfini uccisa dal vicino di casa a Riccione perché i suoi cani abbaiavano) a coinvolgermi, durante le manifestazioni per richiedere la Certezza della pena mi aveva portata davanti a San Vittore. Ho sentito di dover fare qualcosa di concreto per i parenti delle vittime, l’unica arma che ho è la scrittura.
Spera con il suo libro di dare un contributo affinché vengano cambiate le leggi?
Magari! Spero di riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica e i legislatori piuttosto che i magistrati. La legge dovrebbe lasciare pochi margini all’interpretazione, lo diceva Cesare Beccaria e lo ripete Luciano Violante, oggi per la stessa vicenda i giudici possono interpretare le leggi in modo completamente diverso, ci sono già proposte di legge a livello europeo. Vorrei entrare nelle teste e nel cuore dei lettori, vorrei che chi legge recepisse che Vittime sono anche i parenti.
Perché Vittime con la V maiuscola?
Per rispetto. “Vittime per sempre” perché il dolore dei parenti dura per sempre, è un ergastolo perpetuo senza possibilità di grazia. Il nostro sistema giudiziario è riabilitativo, la punizione è però fondamentale per dare la dimensione della gravità dell’atto commesso, la riabilitazione dovrebbe passare attraverso l’espiazione, chi è messo nella condizione di giustificarsi rischia di reiterare l’errore. Vittime sono anche i parenti ai quali si chiede spesso di perdonare e che sono diventate Vittime per scelta di qualcun altro.
Come ha scelto i casi trattati?
Sono le persone che ho incontrato in questi anni e che meglio spiegano il senso del libro. I parenti delle vittime della banda della Uno bianca dopo vent’anni soffrono ancora, l’ex fidanzato di Nunzia Castellano l’ha uccisa perché diceva di amarla, uno dei sequestratori e assassini del piccolo Tommaso Onofri aveva stuprato una ragazza sotto gli occhi del fidanzato che aveva legato a un albero. Il sistema però lo tutelava, era libero di girare e la famiglia Onofri, per cui aveva lavorato, non era a conoscenza di questo precedente.