Barsantropè – Antonello Deidda
Barsantropè. Così a Cagliari, presso i quartieri di Is Mirrionis e San Michele, negli anni ’80 e ’90 ci si riferiva a un luogo preciso, un locale sotto il porticato di un palazzone di edilizia popolare, il punto di ritrovo della banda criminale che mise a ferro e fuoco la città per oltre dieci anni a colpi di sparatorie, esecuzioni e bombe ai commissariati.
Questa sorta di termine argot, un dialettismo molto cagliaritano delle parole Saint e Tropez, vero nome del bar, è diventato il titolo dell’ultimo romanzo del giornalista e scrittore Antonello Deidda, pubblicato per l’editore, anch’esso molto cagliaritano, La Zattera.
Il racconto di Deidda è un viaggio a ritroso nella storia di personaggi vissuti tra le vie della problematica zona al limite settentrionale della città di Cagliari, in un’epoca turbolenta ed estrema. A segnare lo spartiacque tra il prima e il dopo, un evento: l’omicidio del giovane diciassettenne Wilson da parte della polizia. Inizia in quel modo tragico la discesa di San Michele e Is Mirrionis, ma anche altri luoghi della periferia cagliaritana, dentro un abisso di violenza, degrado, tossicodipendenza e miseria.
Tra una prima pagina e un radiogiornale, la fama del Saint Tropez, cioè il Barsantropè, finirà per imporre il nome alla parte di quartiere all’estremità di Via Cadello in cui sorgeva, ancora oggi definita utilizzando quelle due parole francesi.
Ma Barsantropè è più di una storia di malavita. È un libro che va molto oltre la cronaca della famigerata Banda di Is Mirrionis, organizzazione di stampo cagliaritano con diverse similitudini con la controparte malavitosa nata tra i palazzoni della Magliana, su a Roma.
Barsantropè è il racconto di una certa Cagliari popolare, della gente che l’abitava e delle consuetudini della gioventù anni ‘80, quella che sceglieva l’abbigliamento da scioro tra le vetrine di di Eurostil, in Via Tuveri, e per capodanno era costretta a una faticosa trattativa basata sulla distanza tra il prezzo della serata di livello, nel ristorante più in voga del momento, e la disponibilità di lire dentro il portafoglio.
Con il passare degli anni a Barsantropè, definito come un’entità dotata di vita e nome propri, si acuisce la spaccatura tra i buoni, bravi ragazzi di borgata con il sogno di andare a Londra in treno e sopravvivere grazie a pochi spicci, e i cattivi, delinquenti dotati di pedigree che aspirano al salto di qualità .
In città si abbatte il meteorite nero dell’eroina. La sostanza agisce da precursore chimico e accelera la trasformazione della periferia cagliaritana in zona di guerra dove, tra un furto d’auto e una sparatoria, i cadaveri con buchi da siringa e da piombo si moltiplicano senza sosta. E così, in nome dei soldi e del potere, i legami tra i nuovi boss di Is Mirrionis e la criminalità organizzata nazionale – soprattutto le propaggini allungatesi dalla Locride alle periferie meridionali milanesi – nati in quell’epoca nera e raccontati da Antonello Deidda in Barsantropè, diventano più stretti e prefigurano una dinamica tutt’oggi operativa che ha solamente sostituito il traffico di cocaina a quello di eroina, come core business, e moltiplicato le bande impegnate a spartirsi la torta tra i quartieri della città del sole.