Per questa lettura devo ringraziare Aldo Busi e la Provvidenza. Aldo Busi, perché lo vidi alcuni anni fa in una trasmissione in TV e parlava proprio di questo libro come un romanzo dotato di tutte le caratteristiche per tenere il lettore avvinghiato alle pagine che lo compongono. La Provvidenza invece è sempre stata magnanima con me e ha molto spesso fatto nascere affinità elettive.
Blackout è un romanzo con un finale a sorpresa, ma che per quasi tutta la durata della narrazione si svolge all’interno di un claustrofobico ascensore in cui si trovano fatalmente bloccati i tre protagonisti, il giorno di Ferragosto in una Bologna disabitata: Aldo Ferro, Claudia e Tomas, tre personaggi agli antipodi che in quella sorta di gabbia di acciaio si dibattono in una disfida psicologica che tiene alta la tensione e l’angoscia palpitante che si annida nei pensieri dei tre rinchiusi e che si riflette anche sul lettore.
Quest’ultimo è infatti a conoscenza dei retroscena e dell’indole dei personaggi: Aldo Ferro, una sorta di caricatura di Elvis, proprietario di locali notturni, nonché fanatico psicotico patito di snuff movies; Claudia, studentessa omosessuale obbligata a indossare le vesti della barista sexy per sbarcare il lunario e pagarsi gli studi, e infine Tomas, tenero adolescente pieno di ideali. La costrizione forzata dà libero sfogo agli impulsi e alle fragilità, e il terrore e la tragedia subiscono gradualmente la metamorfosi del grottesco. E la suspense regna sovrana.
Ho scelto questo romanzo di Gianluca Morozzi (1971), proprio in occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo Cicatrici, sempre edito da Guanda, sperando abbia la fortuna di Blackout, romanzo che lo avvicinò al grande pubblico e del quale fu anche realizzata una versione cinematografica nel 2007 per la regia di Rigoberto Castaneda.