Buoni da mangiare – Mirko Giacchetti



Mirko Giacchetti
Buoni da mangiare
Fratelli Frilli Editore
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Il viaggio provocato dai cristalli d’ansia, depressione e sconfitte che cucinano tra le pagine di Buoni da mangiare, esordio per Frilli Editore di Mirko Giacchetti, comincia da un viale del Mirabello, il quartiere di palazzoni popolari in stile razionalista dove, la sera, prostitute provenienti da ogni angolo del globo si riuniscono per dare vita a quella che viene definita l’ONU del sesso: il giro del mondo in 80 marchette.

Davide Spelletti, il tipico perdente quarantenne, figlio e vittima delle susseguenti crisi che hanno tormentato l’era dei post-boomer, attende chiuso dentro una Opel, con la testa schiacciata da un container pieno di pensieri di piombo: non ha un lavoro, non ha un tetto, non ha più una moglie, Lucia, e soprattutto una figlia, Elena.

Perché tutto ciò è accaduto? Come può un uomo dalla vita apparentemente normale toccare il fondo e poi cominciare a scavare? Mirko Giacchetti lo illustra con una freddezza spietata mentre i capitoli di Buoni da magiare si susseguono secondo due piani temporali differenti, oggi e ieri. Sono i sentimenti che Davide prova quando viene accompagnato alla porta di un ufficio risorse umane, con parole come “cercavamo una figura meno specializzata”, “valuteremo il suo profilo” o “le faremo sapere”, a colpire il lettore al volto come una pugnalata, allo stesso modo delle immagini di una vita intera passata all’ombra di un padre, Patrizio, tiranno e ignobile, ma soprattutto ignaro di essere titolare di una fortuna immeritata: nascere nei giorni giusti della storia.

Le canzoni dei Placebo e di Marilyn Manson scuotono l’abitacolo della Opel di Davide, in un avvicendarsi di rese dei conti che Giacchetti orchestra come farebbe un direttore della Scala con la bacchetta intrisa nel veleno. Davide incontra quarantenni che hanno scelto altri sottili modi attraverso cui vendicarsi delle generazioni che li hanno preceduti, impoveriti e ridotti ai margini, ma il protagonista di Buoni da mangiare resta come sospeso in una dimensione intermedia tra l’indolenza, l’incapacità di reagire e la volontà di scegliere la soluzione peggiore. Perché magari è vero quanto dice il proverbio e, anche nella realtà, la mela non cade mai troppo lontano dall’albero. 

Thomas Melis

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