Caterina Bonvicini

Con “L’equilibrio degli squali” Caterina Bonvicini è finalista al Premio Stresa di narrativa. E’  la storia di Sofia, giovane fotografa torinese che ha perso in tenera età la madre in modo tragico. Il padre di Sofia gira il mondo realizzando servizi fotografici sugli squali, e comunica con lei quasi esclusivamente per e-mail. Dopo uno sfortunato matrimonio con Nicola, affetto da sindrome maniaco depressiva, Sofia intreccia relazioni contemporaneamente con Marcello, regista sposato e con  Arturo, broker, entrambi depressi. La gestione di questi rapporti e la lettura delle lettere scritte dalla madre agli uomini della sua vita e mai spedite, fa sprofondare Sofia nella depressione della quale nessuno sembra rendersi conto, tranne Milla, la figlia della seconda moglie del padre che è troppo piccola per aiutarla e Nicola, che ha vissuto gli stessi sintomi e le sta vicino con affetto.
Un libro molto ben scritto, minuziosamente curato nei particolari e nella documentazione.

L’equilibrio è qualcosa che manca ai protagonisti del libro, solo fronteggiando gli squali  Ferdinando, il papa di Sofia, l’uomo più equilibrato del romanzo, trova il suo equilibrio. Perché questo accostamento nel titolo del suo libro? 
Perché gli squali sono creature fragili ma sono gli unici che nuotano dritti.

Sofia intrattiene relazioni con uomini con difficoltà esistenziali e piano piano viene sopraffatta e diventa più fragile di loro. E’ una scelta voluta, una ricerca di punizione per sentirsi colpevole della tragica scomparsa della madre quando era bambina?
E’ un percorso verso la libertà che passa necessariamente attraverso il dolore degli altri.

Nella tua storia personale c’è qualcosa di Sofia?
Ho vissuto la depressione, ho vissuto vicino a persone depresse, ho avuto un’esperienza diretta e ho potuto lavorare su materiale più intimo e più interiorizzato. Mi sono documentata, ho studiato e ho letto. Nel romanzo non sono vincolata dalla realtà e posso dire molte più cose di quelle che ho vissuto.

Nicola Arturo e Marcello sono fragili e poco positivi, pensi che nella realtà si incontrino molti uomini simili?
Moltissimi, naturalmente ci sono eccezioni. Ne ho incontrati molti, oggi sono felice di stare con un  uomo equilibrato.

Sofia e il padre comunicano attraverso il filmati dove Ferdinando avvicina gli squali, mentre lo fanno pochissimo di persona. Il fatto che Sofia crei al computer foto di squali che nuotano tra i palazzi di Torino, è forse una ricerca di comunicazione con il padre?
Sicuramente il padre è la chiave di lettura del libro perché dal punto di vista dell’equilibrio è il personaggio più ambiguo, il più folle tuttavia l’unico solido.

Dal tuo libro traspare un grande amore per Torino, perché hai scelto di ambientarlo proprio a Torino e qual è il tuo rapporto con questa città a cui hai dedicato il libro?
Amo moltissimo Torino. E’ difficile entrarvi da estranei ma quando si entra si stabiliscono rapporti verticali e profondi. La considero la città della mia testa e della mia scrittura. Sono arrivata a 24 anni per lavorare all’Einaudi e ho pubblicato subito. Sono andata via da Torino per amore di un uomo e ho pianto, Torino mi manca moltissimo. Torino per ora non ha ricambiato il mio amore. Quando ho presentato il libro a Torino c’erano tutti i miei amici ma non la città.

Nel libro rievochi l’episodio dell’Angelo Azzurro e altri episodi terroristici quali gli omicidi di Walter Tobagi e Aldo Moro. Solo per dare una collocazione temporale alla storia o per qualche altra ragione?
Perché l’inquietudine della madre non è solo interiore ma anche storica.

Citi anche alcune poetesse morte suicide tra le quali  Alfonsina Storni, poetessa svizzera vissuta in Argentina e poco nota in Italia. Come mai questa scelta?
Ho scoperto Alfonsina Storni per caso, attraverso la canzone Alfonsina y el mar cantata da Mercedes Sosa. Mi ha molto colpita la sua storia e ho voluto parlarne nel libro.

Nel 2008 hai già vinto tre premi letterari, il Premio Fregene, il Premio Rapallo-Carige e il Premio Frignano. Queste vittorie hanno cambiato qualcosa nella tua vita e nella sua attività di scrittrice?
Non ancora, ma sono stati un sostegno importante per la mia carriera di scrittrice.

La scrittura occupa una parte importante nella tua vita o svolgi anche altre attività?
Svolgo anche altre attività ma sempre collegate alla scrittura.

Hai un metodo particolare per documentarti e per scrivere?
Studio molto per documentarmi. Scrivo al computer, faccio e rifaccio lavoro con umiltà e pancia a terra. Scrivo in cucina, è il mio luogo ideale. Anche Natalia Ginzburg scriveva in cucina. Dove abito ora a Roma però ho una cucina troppo piccola e mi sono spostata in corridoio. Non sono capace di cucinare, per questo usavo la cucina come studio. Quando scrivo mi piace bere la birra.

E’ stato facile per te pubblicare il primo romanzo, qualcuno ti ha aiutata?  
Ho avuto fortuna all’inizio, cominciare così giovane non è facile ma una serie di coincidenze mi hanno portata al posto giusto al momento giusto. Poi durare è difficile.

ambretta sampietro

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