Clive Cussler

MilanoNera incontra Cussler, uno dei maestri internazionali del thriller.

Il tema della Fiera Internazionale del Libro 2008 è affidato a un interrogativo: Ci salverà la bellezza? La domanda posta da Fëdor Dostoevskij sotto forma d’una drastica alternativa: il mondo sarà salvato dalla bellezza o sarà dannato dalla bruttezza? Lei cosa ne pensa?
Né una cosa né l’altra. Non vedo molta bellezza nella razza umana, ma penso che prima o poi ce ne andremo comunque, a prescindere da qualsiasi cosa facciamo. Forse ci vorranno milioni di anni, ma scompariremo prima o poi e il pianeta ritornerà alla sua condizione originaria.

Perché gli action thriller stanno vivendo una stagione così felice secondo lei? Cosa attira i lettori?
Alla gente piacciono le avventure, ma non sempre possono viverle direttamente. I libri d’azione danno loro la possibilità di viverle in modo indiretto, attraverso la lettura. A tutti piace l’avventura, sia agli uomini che alle donne, ma nella vita non c’è sempre la possibilità di sperimentare situazioni emozionanti, mentre l’emozione di un’avventura sulla carta stampata è alla portata di tutti.

Cosa consiglia ad un giovane autore che vuole scrivere un action thriller?
Consiglio di studiare i libri degli autori di libri di successo nell’ambito dello stesso genere. Contengono tutte le indicazioni necessarie: struttura, stile, trame, caratterizzazione dei personaggi. Tutte queste informazioni si possono utilizzare. Non parlo di plagio, non intendo che si possano copiare le storie scritte da altri, ma piuttosto analizzarne le strutture per trarne informazioni utili. Per esempio se il libro è scritto in prima persona, in terza persona, come sono strutturati i capitoli, la trama, eccetera.

Cosa l’ ha indotta a decidere di scrivere, cosa cambierebbe nella sua vita di scrittore?

Ho lavorato a lungo nella pubblicità e anche in quel lavoro scrivevo di continuo. Poi una sera ho deciso di scrivere un libro. Guardando indietro, non cambierei proprio nulla. Mi ci sono voluti 11 anni per sfondare, ma è valsa la pena di perseverare.

La più bella soddisfazione avuta come scrittore?
I soldi! E soprattutto il fatto di non avere nessuno che mi comanda.

A chi deve dire grazie, se deve dire grazie a qualcuno?
Devo dire grazie al mio agente, Peter Lampack, che mi rappresenta da 39 anni. Non abbiamo bisogno di contratti, tra noi basta una stretta di mano. E se sono arrivato dove sono oggi lo devo anche a lui, che ha fatto molto per me.

Crede che bisogna scrivere solo di ciò che si conosce oppure no?
Io scrivo di molte cose che non conosco, almeno finché non faccio le dovute ricerche. Si può studiare un argomento per conoscerlo meglio, quanto meno nel caso dei libri che scrivo io. Faccio le ricerche necessarie per approfondire gli aspetti che non conosco a sufficienza.

Quanto di lei di ritrova nei suoi personaggi e qual è il personaggio, oltre all’ingegnere Dirk Pitt, che le assomiglia maggiormente?
Soltanto lui mi assomiglia. Abbiamo cominciato insieme: avevamo entrambi 36 anni, eravamo tutti e due alti un metro e novanta, pesavamo entrambi 84 kg, lui aveva gli occhi un po’ più verdi dei miei e i capelli scuri come me. Insomma, gli ho dato il mio aspetto e forse anche qualcos’altro… per esempio è capace di portare un’elegante signora a cena in un ristorante raffinato e ordinare del buon vino rosso, ma la sera dopo lo si può ritrovare al bar con gli amici, davanti a una birra e alla partita di football. Insomma, è un personaggio a tutto tondo.

Può parlarci in breve della sua esperienza di padre e di quella vissuta con suo figlio Dirk nella stesura del romanzo Vento Nero.
Mio figlio è un eccellente scrittore. Gli ho suggerito io di scrivere un romanzo che avesse come protagonista Dirk Pitt. All’inizio era riluttante, ma gli ho detto che avrei lavorato insieme a lui. Ora la nostra collaborazione funziona a meraviglia, stabiliamo insieme una situazione di partenza, una trama a grandi linee e la destinazione finale della storia, dopodiché lui si mette a scrivere e mi porta cento pagine per volta da rivedere. È una grande fortuna avere un figlio in grado di seguire le orme del padre.
In quanto alla mia esperienza di padre, è un grande piacere essere padre, dà molta gioia ed è stato molto divertente quando i miei figli erano piccoli.

Ho avvertito in parecchi suoi assidui lettori una sorta di delusione per i suoi ultimi romanzi, come se ci fosse il sospetto che siano altri scrittori a scrivere per lei, non sortendo lo stesso effetto, per mancanza di fantasia e stile narrativo, come se rimpiangessero il caro Pitt, come risponde a questa sorta di delusione?
Le serie dei Numa Files e degli Oregon Files sono semplicemente libri diversi da quelli di Dirk Pitt. D’altra parte perché scrivere soltanto storie che abbiano Dirk Pitt come protagonista? In ogni caso non ne potrei fare tre all’anno. Continuano a uscire storie di Dirk Pitt, ma a molti lettori piacciono anche gli altri libri, che altrimenti non si venderebbero.

claudia caramaschi

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