Un po’ Costantini, un po’ Carrisi (ma solo per dare delle coordinate), E’ così che si uccide, esordio di Mirko Zilahy ambientato in una Roma attualissima e cupa, è un thriller riuscito a partire dalla bella copertina. E se chi ben comincia è a metà dell’opera… Le credenziali, d’altronde, erano tali da attirare gli amanti del genere sin dai primi sussurri della rete. Zilahy: ha insegnato lingua e letteratura italiana a Dublino, ha tradotto Il Cardellino di Donna Tart, è stato editor di Minimum Fax. Può bastare? Enrico Mancini, più ancora dell’intreccio, assorbe le attenzioni del lettore per oltre 300 pagine (400 in tutto). Come dire: il protagonista è più forte della trama. Rude come il commissario Balestrieri di Costantini e acuto come gli investigatori di Carrisi, il poliziotto con i guanti di Zilahy dà la caccia a un serial killer che massacra le sue vittime tra le rovine industriali di Roma. Se fosse un film a vestire i suoi panni chiamerei Al Pacino. Se fosse una canzone potrebbe suonare come Reign in Blood degli Slayer. Al netto di qualche luogo comune (troppo forte la tentazione di far indossare il trench a Mancini, anche se poi ci viene fornita una spiegazione, oppure di farlo tormentare dai cosiddetti fantasmi del passato) il romanzo è pienamente affidabile, così come nel 2005 lo fu 2015 Uccidi il padre di Sandrone Dazieri (e questa è la terza coordinata). E che Longanesi ci punti molto è evidente anche dal fatto che ha riempito gli scaffali dei supermercati; Longanesi, peraltro, si conferma trampolino di lancio: dopo Lars Kepler, Donato Carrisi e Samuel Bjork, ora il talento noir Zilahy. La butto lì, per gioco ma mica tanto: alla fine del 2016 ricorderemo E’ così che si uccide come uno dei tre migliori thriller dell’anno.
E’ così che si uccide
Alessandro Garavaldi