Crimini

Il venerdì, per molti lavoratori, è un giorno speciale perché viene considerato come punto di arrivo della settimana salariale e inizio, contemporaneo, del tanto agognato weekend.
A Milano il venerdì gli impiegati tutti impettiti mollano il loro look classicheggiante, allentando una cravatta un po’ strettina, e si riversano nei luoghi designati per l’aperitivo. Nelle altre grandi città le cose non vanno molto diversamente e così è pure nei piccoli paesini. Nella cultura anglosassone il venerdì inizia presto, già dall’uniforme da lavoro libera da costrizioni in quello che, comunemente, è definito look Friday casual.

Venerdì, insomma. Il giorno in cui il sorriso del pre-weekend lava via il grigiore della settimana. Da venerdì scorso, però, le tinte pastello della spensieratezza da weekend si sono mescolate – almeno a livello di entertainment – con precise variazioni ocra. Non un giallo puro e limpido quanto piuttosto sfumato, verso un più oscuro e macabro nero.
Il venerdì sera, su Rai2, sarà questo il colore predominante, almeno per le prossime sette settimane.

Non è un male, né una malinconia esasperata. Nell’Italia cinematograficamente mucciniana, televisivamente figlia di pessime fiction d’avanspettacolo, non siamo in pochi a ringraziare l’aria fresca della seconda serie di Crimini.

Il progetto, che conta otto episodi dal respiro ampio tipico del lungometraggio da cinema, offre alcuni punti di vista molto noir (frutto della collaborazione tra troupe televisive finalmente intraprendenti e illustri penne del romanzo di genere italiano) esattamente come già era successo per la prima fortunata apparizione di questa serie. L’esordio di quest’anno ha visto protagonista Emilio Solfrizzi, ottimo protagonista di una bella sceneggiatura di M. Carofiglio (“La doppia vita di Natalia Blum” del 9 aprile). Il secondo episodio, datato 16 aprile e intitolato “Niente di personale”, ha offerto una bella regia a briglia sciolta, velocità e ritmo narrativo. Bene il plot, firmato Lucarelli – che ci ha regalato di meglio, è vero, ma pur con qualche banalità ha saputo tenere in piedi una buona storia – benissimo gli attori, finalmente “veri” e non riciclati da format televisivi con gamme espressive che vanno dalla A alla AA. Aggiungiamo al tutto una buona serie di omaggi e citazioni d’altro cinema e la formula della coca-cola ha vinto di nuovo.

In attesa del prossimo episodio, Little Dream firmato da Carlotto, siamo contenti di affermare che, nonostante tutto, nella produzione audiovisiva italiana si respira anche aria buona…

massimo versolatto

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