Cristiano Governa in pillole

Al festival Nebbiagialla, MilanoNera ha incontrato anche Cristiano Governa.
“Sono di Bologna e vivo a Bologna. Attualmente collaboro con alcuni periodici, curo laboratori di scrittura, insegno strumenti di comunicazione sociali e sociologia al STSA di Bologna, un istituto affiliato alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Antonianum e da marzo dirigerò un seminario sul rapporto fra canzone d’autore e immagine (“Andata e Ritorno”) presso il Centro della Canzone d’Autore (diretto da Lucio Dalla).

Sono anche critico musicale e cinematografico, collaboro con la cineteca comunale di Bologna e ho scritto su quotidiani e periodici. Dopo il mio primo libro, Baranowski raccolta di racconti, ho curato un’antologia di autori bolognesi, ‘I Racconti della Garisenda’, che aveva come scopo di portare alla ribalta alcuni giovani insieme a nomi importanti quali Loriano Macchiavelli e Pupi Avati.

Il libro Il Catechista nasce dalla necessità di affrontare l’oscurità.
Quel senso di “male” che non tolleriamo negli altri ma sorvoliamo se riguarda noi stessi, quell’aspetto nefando della nostra imperfezione umana che la società contemporanea (grazie al fondamentale apporto del mezzo di ‘distrazione di massa’, la tv) è ossessionato a rimuovere sostituendolo col suo ‘cugino’ infame: il buonismo pietoso e falsamente caritatevole. Mi pare che ci sia un’attenzione eccessiva verso il crimine che oggi di fatto è il grande intrattenimento televisivo mentre ci siamo quasi completamente dimenticati del male che di quel crimine è il grande padre. Il male è molto democratico, nel senso che il crimine ci consente di puntare il dito verso qualcuno, mentre nel male siamo tutti dentro, ne siamo tutti protagonisti.
Tendiamo a dividere la società tra assassini seriali, (e quelli la polizia li prende) mentre il grande esercito pericoloso è quello dei meschini seriali, gli sniffatori di morte, alcuni fra quelli che aspettano fuori dai tribunali, che assistono ai processi, con ansia di giudicare.
Un aneddoto fondamentale per la nascita del Catechista è che quando collaboravo con un periodico, accompagnai un amico giornalista in un luogo dove era stato ucciso un bambino. A un certo punto il cameraman della TV privata disse: «torniamo domani».
Per terra c’era il disegno fatto dalla polizia del corpo del bambino, io chiesi al cameraman perché, mi rispose: «domani ci saranno i magnamorti» indicò l’albero sotto cui era stato trovato il bambino «domani sarà pieno di pupazzetti, cuoricini, poesie». Appena c’è un morto sbuca un’umanità oscura che sente la necessità di impossessarsi di quel lutto, di quel dolore, trovando protagonismo in una morte che non hanno causato ma che usano per esistere. Mettono gli oggetti perché sanno che verranno ripresi.
Esiste il turismo della morte, gente che visita i luoghi della morte, li fotografa e ci si fa riprendere, quelli che chiamo sbirciatori seriali, tutto questo mi indigna anche più degli omicidi.
Da dove viene la necessità di vivere un lutto altrui da protagonista? Solo dal male che è la forma sublime del crimine e non si può perseguire perché non va contro il diritto ma contro la morale”.

Il libro (di un altro) che avresti voluto scrivere e il libro (tuo) che NON avresti voluto scrivere
Avrei voluto scrivere Bartleby lo scrivano di Herman Melville

Sei uno scrittore di genere o scrittore tout court, perché?
Ho scelto il genere per essere degenere, qualunque storia che voglia raccontare il presente è per forza un noir.

Un sempreverde (libro) da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare…
Qualunque libro di Raymond Carver, Gabriele Romagnoli o Fleur Jaeggy
Un film di Altman, Kaurismaki, Kitano, Lynch o Avati
Le canzoni, forse sono quattro: Heartbeat City (Cars), Disorder (Joy Division), Innamorati a Milano (Memo Remigi) Tu com’eri (Lucio Dalla).

Si può vivere di sola scrittura oggi?
Si, con diverse gradazioni o sconfitte di dignità. Vivere si vive lo stesso, farlo scrivendo vuol dire che si è o molto bravi o molto squallidi.

Favorevole o contrario alle scuole di scrittura creativa? Perché?
Favorevole perché qualsiasi cosa che non lasci sul divano a guardare la TV è benemerita, dalla caccia al cervo agli scacchi. Io ho insegnato in alcune scuole di scrittura di short stories e ne sono orgoglioso. E comunque insegnare non è la parola adatta, forse “condividere lucidamente” è meglio.

Hai visto la trasposizione cinematografica di qualche libro: che effetto ti ha fatto? E’ vero che nel passaggio fra la carta e la pellicola si perde qualcosa o no?
Non ne sono così convinto. Sono due linguaggi diversi, ma a volte un grande spunto contenuto in un romanzo sostanzialmente banale, riesce ad essere stupendamente “immaginato” (nel senso che diventa immagine sullo schermo) e viceversa non esiste un romanzo talmente bello e perfetto che riuscirebbe a sopravvivere alla stupidità e all’inginocchiamento al mercato di alcuni registi contemporanei. Lo stesso “Giovane Holden” potrebbe, nelle mani di un grande regista diventare ancora meglio, e in quelle di un incapace qualcosa di molto penoso.

C’è qualche progetto di sceneggiatura de Il catechista?
Sì, ci sono un paio di idee di sviluppo del soggetto e della sceneggiatura, ma so bene che l’interesse non vuol dire niente.
Per fare un matrimonio non basta “essere molto interessati”, ci si deve trovare in chiesa. E dire sì. Già che ci siamo. Il tutto ovviamente, senza avere la più pallida idea di che frutto darà, quella scelta.

ambretta sampietro

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