Ombre su Piazza Fontana

Courmayeur – “Se fosse un film, la storia di Juliano avrebbe una perfetta trama noir. Un bravo poliziotto, democratico e fedele allo Stato a cui viene affidata un’indagine delicata che sta per risolvere. Ma viene allontanato e processato con l’accusa di aver costruito le prove contro i terroristi. Ci metterà dieci anni per dimostrare la sua innocenza. E se in tutto questo tempo, invece di fare l’avvocato avesse deciso di fare l’investigatore privato, avremmo l’immagine di Philippe Marlowe”. Così Carlo Lucarelli ha concluso il secondo incontro che il Noir In Fest ha dedicato al quarantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana.

Ma questo non è un film, è la storia vera del capo della squadra mobile Pasquale Juliano, l’unico poliziotto che nel 1969 tentò di bloccare la cellula neofascista veneta, raccontata da Simona Mammano e Antonella Beccaria, in Attentato imminente (Stampa Alternativa). “La vicenda umana e civile dell’uomo che individuò soggetti e organizzazioni che sono stati l’ossatura dell’attentato del 12 dicembre la cui sconfitta non ha avuto esiti sanguinosi, non è stato ucciso come altri servitori dello stato, ma la sua vicenda giudiziaria ha rappresentato una specie di ruga sulla fronte per l’intera nazione”, ha aggiunto il giornalista Gaetano Savatteri. Un libro, quello della Mammano e della Beccaria, che ha il merito di “aver riportato in vita l’uomo uno stratagemma letterario. Il perfetto equilibrio dell’uso, per dirla con linguaggio fotografico, del grandangolo e dello zoom”, aggiunge il direttore de L’Europeo, Daniele Protti.  L’equilibrio tra il panorama complessivo della situazione e le vicende personali, narrate in prima persona.

“L’interesse per la figura di Juliano è nata leggendo libri scritti sulla strage, come quello di Giorgio Boatti (Piazza Fontana, il giorno dell’innocenza perduta, Einaudi, n.d.r.), ci siamo accorte che quando si parlava di Piazza Fontana saltava fuori spesso il suo nome, ma quasi mai nessuno ha approfondito il suo caso. Allora l’abbiamo fatto noi”, afferma la Mammano.  Fondamentali per mettere a fuoco la sua vicenda sono stati il Dott. Calogero che all’epoca dei fatti era procuratore a Padova e le due memorie che lo stesso Juliano scrisse.  L’ex poliziotto è finito nel cono d’ombra perché non aveva appoggio dallo Stato, né dalla destra, figuriamoci dalla sinistra. Fu isolato nonostante credesse profondamente nelle Istituzioni. “La sua ruga sulla fronte non ha spento però il suo entusiasmo, lo stesso che però lo ha fregato negli anni Sessanta”, conclude la Beccaria.

“La letteratura poliziesca è stata più volte fottuta in tutti i modi possibili, anche da dietro. Nonostante ciò per me essa resta una proposta di sguardo politicamente impegnato. Con Montalban e Sciascia abbiamo spesso discusso sul noir mediterraneo che usa gli elementi tipici del noir raccontando l’umanità (e anche la negatività) dei protagonisti con una forte attenzione alla situazione politica e sociale. Per questo il ruolo che i giornalisti oggi non svolgono potrebbe svolgerlo la letteratura noir”.

Juan Madrid è uno specialista in questo.  Perché è uno scrittore che scrive e che fa. Tutti i suoi romanzi, a partire da Un beso de amigo del 1980, sono frutto delle sue inchieste giornalistiche e denunciano fatti precisi. Come in Mele marce (E/O), uscito all’inizio del 2007 in Spagna con il titolo Pajaro en mano. “La storia di questo libro deriva dallo studio di due libri scritti da giornalisti argentini- racconta Madrid- I giorni del Condor di Estella Caloni e El Silencio di Horacio Pervisnki”. Entrambi i libri denunciano la collaborazione delle autorità religiose argentine (che essendo a conoscenza dei fatti hanno contribuito alla morte di 30mila persone) con la dittatura militare e il patto tra i servizi segreti latino americani organizzato dalla CIA per reprimere i movimenti popolari con i metodi più terribili, come la tortura e le fucilazioni. “Dimostrano l’esistenza di un contro spionaggio che ha creato una sorta di contro letteratura nata con l’intento di inventare le verità ammesse dal sistema.”

Convinto che ogni libro sia una proposta di viaggio e che lo scrittore accompagni il lettore attraverso questo viaggio, Madrid ammette di portare il lettore in posti in cui non si è mai stati, “come nelle fogne in cui si trovano ratti che possono avere quattro o due zampe”. Perché la  corruzione è una parte indissolubile del sistema capitalista. È il cancro della democrazia e Marbella è solo la punta di un iceberg. I colpevoli si credono intoccabili perché è il sistema ad essere colpevole. Ma lui è dalla parte dei più deboli: è stato un ragazzo di strada, ha conosciuto il carcere e ha conosciuto tutte quelle povere persone che in genere nei romanzi sono personaggi secondari. “Quello che faccio è semplicemente prendere tutti gli elementi tradizionali del giallo per raccontare di questa povera gente”.

francesca colletti

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