Dalla nostra inviata a Courmayeur.
La notizia è che il bel Renè non c’è. Dopo le polemiche, da parte della Regione e del sindacato di polizia in seguito alla sua probabile presenza per la presentazione del libro de Il fiore del male (Tropea) scritto con il giornalista Carlo Bonini, la notizia dell’assenza del bandito non fa rumore, come la neve che cade a Courmayeur.
Il difficile compito di aprire il primo evento letterario che inaugura la diciannovesima edizione del Noir In Fest, spetta a Marcello Fois, che ci tiene a precisare che si sta per parlare di un “protagonista negativo”. Il “criminale Italiano” Renato Vallanzasca, condannato a quattro ergastoli e 260 anni di reclusione per sei omicidi, quattro sequestri di persona, innumerevoli rapine, scontri a fuoco, evasioni e sommosse carcerarie, non c’è più. Come racconta lo stesso Bonini, è cambiato, è “un signore di una certa età” (così lo ha definito una volta il direttore del carcere di Novara), è un pezzo di antiquariato che rappresenta un’epoca che non esiste più. Se facesse il bandito, vivrebbe per tre giorni, qualcuno lo ammazzerebbe per cento euro, perché, confessa nel libro, “la malavita non esiste più. Oggi esiste la mala-vita. Niente regole, niente onore, niente amicizia, niente rispetto”. E’ un uomo diverso il bandito che nel 1999 ha confessato al giornalista Bonini la sua vita, un uomo che non chiede perdono per “pudore per le sue vittime e perché il perdono è un sentimento privato”. Per questo Il fiore del male, scritto dieci anni fa, ma riproposto in occasione del film che Michele Placido, con Kim Rossi Stuart nei panni del bandito, sta per girare, non rappresenta una sorta di atto di pentitismo mediatico. Ma è un libro onesto, scritto perché, secondo Bonini, Vallanzasca “si è reso conto di essere prigioniero del suo stesso mito e in un certo senso ha cercato di riannodare un filo con le vittime dei suoi delitti. Un uomo forte dell’idea che la sua richiesta di perdono è stata quella di scontare il castigo che gli è stato inflitto, assumendosi la responsabilità delle sue azioni, senza nascondersi dietro gli alibi politici della lotta armata o dichiarandosi vittima di quegli anni. La verità, l’ammissione della colpa, paradossalmente, secondo Bonini, è ciò che ha condannato Vallanzasca. Il perdono pubblico è un atto difficile, perché nega la possibilità di recupero. Lui da trentanove anni ci sta provando. L’unico criminale italiano a scontare il maggior numero di anni di carcere. Sicuramente perché ha sbagliato. Ma anche, perché, conclude Carlo Bonini, “costa poco tenere chiusa la cella di Vallanzasca, è socialmente debole. E’ la riprova che le istituzioni sono feroci con i più deboli e arrendevoli con i più forti. E questo vale anche per i carcerati”.
Sperava di stare tranquillo, vedere bei film e mangiare abbondantemente James Sallis e invece ha scoperto di avere molto da fare. Scrittore con la passione del blues, musicista quando non pubblica i suoi romanzi di successo, docente di scrittura, da ieri anche presidente della giuria che assegnerà i premi al Courmayeur Noir In fest.
A 21 anni voleva scrivere il grande romanzo americano e si è trasferito a Londra dove ha conosciuto Raimond Chandler. Una folgorazione. Da allora ha iniziato leggere, e “solo dopo innumerevoli letture”, a scrivere noir. Tra qualche mese uscirà Salt river, il romanzo che chiude la trilogia di Turner, preceduto da Bosco morto e La strada per Memphis (Giano) e Sallis, insieme a Sebastiano Triulzi discute dei suoi personaggi (“Lew Griffin non sono io. Molti suoi tratti derivano da me, tutto quello che ho imparato l’ho trasferito su di lui. Mi piace giocare con i dettagli della mia vita così come lui ama fare con quelli della sua”) scrittura e società.
I romanzi di Sallis sono riflessioni sull’America e sulle sue contraddizioni. Per lui è molto importante cercare di far capire ai lettori che dietro il semplice racconto c’è la Storia. La serie con protagonista Lew Griffin, è ambientata a New Orleans, “l’unica città americana in cui un nero è libero di fare ciò che vuole e l’unica città che gli ha consentito di narrare la storia dei diritti civili americani”. Ama New Orleans per questo, ma conscio della deriva della città e della fine del sogno americano, confessa che scriverà dei piccoli centri, prima che anche queste realtà finiscano.
Inizia a nevicare più forte a Courmayeur, ma in giro i turisti sono più numerosi e in lontananza si sente l’eco dei botti che sparano i ragazzini, forse, si preoccupa Sallis, cercano di sparare agli scrittori che non riescono a rispondere alle domande. Risata generale. E’ tempo di correre al Palanoir per assistere alla prima proiezione dei film in concorso: Demain des L’aube (di Denis Decourt) e (il deludente) Harry Brown, di Daniel Barber, con Michael Caine.