Ed Mcbain e il giallo delle sue origini

Il giallo americano ha sangue italiano nelle vene anche se si tingono… di giallo le origini di Salvatore Lombino, alias Ed Mcbain, prolifico scrittore recentemente scomparso (è morto a Weston nel Connecticut il 6 luglio scorso), universalmente conosciuto per avere inventato la celebre saga dell’87° Distretto, una delle serie più longeve e prolifiche della letteratura poliziesca: oltre cinquanta titoli pubblicati con milioni e milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Ed Mcbain era italo-americano di seconda generazione, nato a New York nel 1926, figlio unico di un postino, Charles Lombino, e di sua moglie Marie Coppola. Altri dati certi sono i seguenti: nel 1955 viene girato il film “Il seme della violenza” dal romanzo omonimo di Evan Hunter, best-seller che Salvatore Lombino scrisse con tale pseudonimo. Nel 1958 Salvatore diventa Ed McBain, e dà inizio all’87° Distretto, dove emerge la figura di Steve Carella, poliziotto dalle chiare origini italiane. La serie è ambientata a Isola, facilmente riconoscibile come New York. Nel 1976 inaugura una nuova serie poliziesca con protagonista l’avvocato Mattew Hope di Calusa, Florida.
E intanto, negli anni, crescono gli pseudonimi: Evan Hunter, Ed McBain, Richard Marsten, Hunt Collins, John Abbott, Ezra Ennon, Curt Cannon. Dietro tutti questi nomi c’è sempre il nostro Salvatore Lombino che nel 1963 firma la regia del capolavoro “Gli uccelli” di Alfred Hitchcock. Nello stesso anno, un altro illustre regista, Akira Kurosawa, completa “Anatomia di un rapimento”, tratto dal romanzo “Due colpi in uno”, scritto sempre da Salvatore/McBain.
Sulle origini dei suoi genitori però, la questione rimane tutt’ora aperta. Alcune fonti hanno indicato che i suoi erano originari di Bisacquino, paesino in provincia di Palermo, da dove ad inizio del Novecento era già partito per l’America a soli sei anni, tale Capra Francesco, meglio noto con il nome di Frank Capra, grande regista che firmò capolavori del cinema come “La vita è meravigliosa”, “Accadde una notte”, “È arrivata la felicità”, e lavorò con mostri sacri come James Stewart e Gary Cooper.
Sennonché, altre autorevoli fonti sostengono che la famiglia fosse di origine lucana. Per risolvere questo giallo, abbiamo contattato la dottoressa Giangrosso dell’ufficio anagrafe di Bisacquino e qui ci dicono che i Lombino sono arrivati da Palermo solo nel 1942, quando in paese serviva un elettricista. In precedenza non si trova alcuna traccia nei registri di Lombino o Coppola (il cognome della madre). Ci invitano a parlare con Salvatore Lombino (quando si dice il caso!), ovvero il discendente di quella famiglia in trasferta, che lavora all’ufficio anagrafe del comune di Sambuca di Sicilia. Anche l’omonimo del nostro Mcbain ci conferma quanto già detto e ribadisce che i Lombino sono originari di Palermo dove esiste perfino un cortile Lombino nel quartiere Brancaccio.
Spostiamo il tiro e contattiamo a Milano, lo storico, Carlo Oliva, autore de “La storia sociale del giallo”. Anche l’autorevole Oliva ci allarga le braccia circa le origini del nostro. Ripieghiamo su Tecla Dozio, la celebre libraia dell’altrettanto nota libreria del giallo e amica personale di Mcbain. Sulle origini siciliane o lucane, è buio pesto ma ci racconta aneddoti dove è possibile leggere in filigrana il perché di tanto mistero.
“Ho incontrato molte volte Mcbain, veniva in Italia spesso, almeno
una volta all’anno, anche per conto suo senza che la Mondadori lo sapesse
ufficialmente. Arrivava con l’aereo a Milano, si fermava per la cena e per
la notte e, la mattina successiva, raggiungeva la sua meta di vacanza; quasi
sempre Venezia. Per anni –continua la libraia- non ha mai negato le sue origini italiane poi, ad un certo punto, non ne
ha più voluto parlare arrivando a impedire che uscisse una bellissima introduzione a “Il seme della violenza” perché citava le sue origini. Un episodio divertente è capitato una volta in libreria, dove ha guardato con stupore un libro suo edito da Longanesi (non ricordo se fosse “Figli”
o “Amanti”), non ricordando di averlo mai scritto e anche il titolo originale
non gli di diceva nulla. Era un uomo generoso, mi regalò un bellissimo racconto inedito per “G”, la rivista del giallo. Era una persona molto spiritosa e ironica. Il suo metodo di lavoro era molto “da ufficio”. Per tre mesi lavorava
dalle 9 alle 17 poi un mese di vacanza seguito da un tour promozionale di
due mesi, poi altri tre mesi di scrittura, altro romanzo, e via così”.
La questione sulle origini dunque rimane. Noi continuiamo…ad indagare.
(Roberto Mistretta)

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