Festival del film Locarno: la paura di Pippo Delbono

Pippo Delbono non è soltanto un uomo di teatro. Con La Paura, film interamente girato col telefonino, firma il suo terzo lungometraggio dopo Guerra, premiato con il David di Donatello per il miglior documentario di lungometraggio nel 2004, e Il Grido, del 2006.
Ospite al Festival del Film di Locarno 2009, Pippo Delbono presentandosi alla stampa si definisce varie volte “buddista” omettendo gli altri due termini con i quali è solito definirsi, omosessuale e sieropositivo.
La sua voce fuoricampo al funerale del ragazzo di colore ucciso perché aveva rubato una scatola di biscotti definisce il Belpaese un “paese di m. …”. E’ polemico con l’italia e con le leggi che regolamentano gli extracomunitari e la sicurezza.
Usa le immagini intime del suo ventre ripreso dall’alto che respirando si dilata e si restringe, quelle di Bobo, l’attore sordomuto che vive con lui mentre fa la doccia, di due bambini con i loro cani all’interno di un campo rom, e l’interno surreale di un museo parigino con gli animali imbalsamati bruciati dal fuoco e per lui morti due volte e varie riprese di programmi televisivi delle reti italiane.
“Il film La paura è nato da un’apparente casualità – spiega – mai avrei pensato di realizzare un film con il cellulare che consideravo uno strumento per gli sms dei ragazzini.”

Cosa ti ha fatto decidere di realizzare un film con il telefonino?
Quando la Poket Film mi ha fatto questa proposta, da buon ligure la prima cosa che mi ha attirato è stato di poterlo usare gratis in Francia. Utilizzandolo ho scoperto che le riprese prendevano una pasta pittorica e la qualità dell’immagine mi ha fatto decidere di realizzare il film. Riprendo seguendo sceneggiature segrete, siamo circondati da storie e il cinema ne cerca i legami. La paura nasce da un dolore collettivo, dal sentirsi in mezzo a qualcosa che fa male.
Avere un telefono portatile (mi si è rotto lo sportellino, non vi dico la marca anche perché non mi pagano) mi ha permesso di muovermi senza invadenza, solo con la mia persona. Arrivavo in un campo rom o a un funerale coglievo le emozioni dei presenti senza imbarazzarli. E’ stato come avere un piccolo bloc notes.

Hai un metodo di lavorazione?
Ho dato preziosità al momento di accendere la camera, Ho raccontato solo ciò che avevo la necessità di raccontare, una notte, un risveglio, un attimo. Al montaggio mi sono ritrovato con 4 ore di riprese, mentre per La Guerra avevo 95 ore e per Il Grido ne avevo 40. Mi sono mosso nelle riprese anche utilizzando il mio corpo come in una danza, una tecnica appresa non il buddismo.
Ho passato una settimana vicino a Bobo, l’attore sordomuto che vive in casa mia da quando è uscito da un ospedale psichiatrico e che guarda la TV senza audio. Ho guardato con lui la TV italiana, che solitamente la mia generazione non guarda: ora però con la crisi e i teatri vuoti almeno 30 milioni di persone la guardano. Pasolini diceva che la TV sarebbe diventata la dittatura del nostro paese e aveva ragione.

Perché questa denuncia sociale?
Dovremmo riprenderci il coraggio della rabbia. Il mio è uno sguardo nel campo. E’ preoccupante che oggi la contestazione venga anche da uomini tradizionalmente di destra, quali Luca Barbareschi, Gianni Alemanno e Gianfranco Fini. Non so se serva dire che l’Italia è un paese di m…. ma io lo faccio. Si dice che il volo di una farfalla possa scatenare un uragano negli USA…Grazie ai telefonini abbiamo visto persone torturate e massacrate in Iran e Birmania.

ambretta sampietro

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