Francesco Abate, lo scrittore del quotidiano

[Massimo Carlotto, autore di questo pezzo inedito, sarà ospite a NebbiaGialla sabato 2 febbraio alle ore 21. Questo pezzo è un’anteprima del nuovo numero free press Satisfiction in distribuzione dalla metà di febbraio]
«Siamo una società basata sul profitto e io cerco solo di tenermi a galla». Questa è la filosofia di Rodolfo Saporito, giornalista di cronaca nera. Personaggio chiave di uno dei romanzi dello scrittore sardo Francesco Abate, quel “Cattivo cronista” (Il Maestrale 2003) che rappresenta l’avvio di un cammino di ricerca del suo creatore verso la narrazione del quotidiano. Facendo propria la scuola del noir, Abate se ne distacca per veleggiare verso nuove rotte. Siamo ai confini, da una parte, dell’inchiesta giornalistica dall’altra della commedia in cui cinismo e sarcasmo sono gli ingredienti principali. «Siamo una società basata sul profitto e io cerco solo di tenermi a galla»: una filosofia che lega a un’unica trama tutta la narrativa di Abate. Fiction che trasuda inquietanti verità.

Se si osservano i lavori finora pubblicati, salta agli occhi come l’autore abbia voluto raccontare a diverse latitudini e longitudini questa imbarazzante e incancrenita Italia di fine e inizio secolo. Latitudini sociali e longitudini generazionali. Si parte da un impietoso spaccato di vita giornalistica dove per capire chi ha ridotto in fin di vita, agonizzante sul lettino d’ospedale, Rudy Saporito, bisogna scavare nel mondo dei media e quindi nella fabbrica del consenso che governa il nostro paese. Perché nulla è mai casuale nell’informazione, soprattutto quella che riguarda la politica e gli affari, spesso così trasversali che i colori delle idee sbiadiscono.

Sul ritmo del giallo, a volte persino del thriller, lo scrittore cagliaritano imbastisce un quadro narrativo in cui ogni opera può essere considerata se non seriale (cambiano i personaggi, gli anni, le situazioni) comunque facente parte di un’unica disgraziata saga. Quella dove sfruttamento, prevaricazione, tradimento e furberia fanno da collante a un puzzle le cui tessere sono composte dalle esistenze di uomini (ma anche donne) che hanno scelto di far parte di una elevata casta di astute carogne che tutto decide e tutto governa, specie nelle città di provincia. L’Italia delle lobby e delle logge. Se in “Ultima di campionato” (Il Maestrale 2004, poi Frassinelli nel 2006) il campo di calcio diventa la metafora di una società ormai asservita ai più biechi interessi economici, come quelli che regolano da troppo tempo il mondo del pallone, in “Getsemani” (Frassinelli 2006) si va oltre. Si approda in un mondo di faccendieri che hanno fatto le proprie fortune attingendo alle casse di capitali di dubbia provenienza. Nuova razza padrona che si destreggia senza scrupolo fra rampanti manager laureati a pieni voti nelle migliori facoltà ed ex tagliagole del narcotraffico ripuliti come il denaro che maneggiano. Crimini e misfatti che vanno ben oltre la rapina in banca, l’assalto armato, la violenza urbana che non mancano nei romanzi di Abate, ma hanno uno scopo diverso a quello così collaudato in certa narrativa tanto da risultare persino liso. Non perno del racconto ma cartina tornasole, paragone da laboratorio per far emergere altri delitti, altri crimini che vengono consumati con l’arroganza di chi può contare su un’immunità ereditata dal censo ma soprattutto da solide alleanze con il mondo finanziario e politico. Insomma, questa Italia da basso impero che sempre più precipita in un baratro senza fondo.

massimo carlotto

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