Il giardino degli inglesi



Vladimiro Bottone
Il giardino degli inglesi
Neri Pozza
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La Napoli del 1841 risulta fatale per la famiglia inglese dei Darshwood: dopo l’uccisione della giovane Emma, la stessa sorte tocca cinque mesi più tardi al fratello Peter. L’assassino della ragazza era stato individuato in Michele Florino, Comandante della disciplina nell’orfanotrofio del Serraglio in cui Emma insegnava canto. Di questa versione non è mai stato convinto il Commissario Gioacchino Fiorilli, che sospetta l’esistenza di una mente diabolica e perversa dietro a tutto. A maggior ragione quando apprende del decesso di Peter, giunto in città per piangere la sorella, ma non solo. Il giovane Darshwood era, infatti, rimasto ferito durante un duello di cui nessuno sembra voler parlare. L’arrivo a Napoli dell’anziano Edward, padre delle due vittime, risveglia in Fiorilli la sete di giustizia, non accettando che Peter sia morto in seguito alle ferite riportate durante una rapina nei bassifondi della città.
Dando seguito al precedente romanzo, Vicarìa, l’autore ci riporta nella Napoli della prima metà dell’Ottocento, un posto tanto affascinante quanto pericoloso, pronto a stringerti fra le sue maglie e non lasciarti andare più. Protagonisti sono soprattutto i vicoli, in cui la povertà la fa da padrona: qui scorrazzano nugoli di ragazzini, molti dei quali orfani, che vendono le merci più svariate per sopravvivere. In tali viuzze non ha paura di inoltrarsi il Commissario Fiorilli, alla ricerca di una verità diversa da quella ufficiale. A ciò fa da contraltare il cosiddetto Cimitero degli inglesi, luogo di pace e sepoltura conservato come un giardino. Una Napoli, dunque, dalle mille facce e dai mille risvolti, nella quale si determinano i destini di tante persone.  Bottone guida con maestria il lettore all’interno della città campana, descrivendone colori, odori e sapori in un modo tale che questi sembrano fuoriuscire dalle pagine. Grande importanza ha nel romanzo il carteggio intercorso fra i due fratelli Darshwood, che ci permette di scoprire quanto forte fosse il loro legame, al limite dell’ambiguità.

Massimo Ricciuti

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