I libri? Si dividono in l’ bn e al va

Riportiamo qui sotto un interessante articolo apparso oggi sul quotidiano La Stampa a firma Sebastiano Vassalli in cui si intervista ROBERTO CERATI, prima direttore editoriale, ed oggi presidente, della casa editrice Einaudi

Il mercato editoriale secondo il mitico direttore commerciale. Einaudi: trucchi, strategie e i ricordi dei grandi autori del ‘900
Una conversazione con Roberto Cerati un viaggio nel passato, nel presente e nel futuro del libro in Italia. Ottantacinque anni portati benissimo, in ufficio dalle sette e mezza del mattino alle sette di sera, Cerati stato per decenni il direttore commerciale della Casa editrice Einaudi e l’alter ego di Re Giulio, con cui aveva maturato un rapporto che si potrebbe definire di simbiosi, pi che di amicizia o di collaborazione. Ora il presidente di una casa editrice (l’Einaudi, appunto), che fa parte del gruppo Mondadori. Un uomo riservato, che d pochissime interviste e che non mai apparso in televisione. Uno degli ultimi protagonisti silenziosi, in questa Italia che sgomita e schiamazza davanti alle telecamere.
Partiamo dall’inizio. L’avventura di Cerati con i libri incomincia nell’estate dell’ormai lontanissimo 1945, a Milano in viale Tunisia, dove sta nascendo la rivista-simbolo del primo dopoguerra: Il Politecnico di Elio Vittorini. Gli incontri fondamentali sono quelli con Einaudi e, appunto, con Vittorini; il mercato del libro, quando Cerati inizia la sua avventura, quasi inesistente in provincia e nelle citt maggiori legato a librerie e case editrici le cui origini risalgono all’Ottocento: Hoepli, Seeber, Bocca, Le Monnier, Paravia, Laterza… Bisogna inventare nuovi lettori a cui proporre nuovi libri. Per fare fronte a questa scommessa, Cerati arriva a vendere Il Politecnico in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, in concorrenza con gli strilloni del Corriere della Sera e degli altri quotidiani. Un inizio che gi leggenda.

Un altro incontro importante di quegli anni quello con il libraio Cesarino Branduani della Hoepli. Per definire un libro, o per dare un consiglio, Branduani usava due modi: l’ bn e al va. Al va era il libro che si vendeva bene, che andava da s; ma l’altro libro, il libro bn, bisognava averlo sempre disponibile, anche se la sua vendita era meno facile e pi lenta. Purtroppo – dice Cerati -, questa filosofia del vecchio libraio con l’andar del tempo si persa. Oggi l’editoria tende a controllare tutte le fasi del mercato, dalla produzione al consumo. Esiste un solo tipo di libro, quello che al va e che perci anche bn. Il libraio un commesso cui viene assegnata una certa quantit di ogni libro. Cos vanno le cose: ma io credo che, pian piano, si dovr tornare alle vecchie distinzioni. Bisogner ricostruire un sistema informativo che serva a distinguere il libro bn da quello che al va; e il libraio sar ancora un mediatore importante, come ai tempi di Branduani.

Torniamo a parlare del passato. Il mercato del libro, in Italia, nasce negli anni Cinquanta del secolo scorso a opera di alcuni protagonisti. Ci sono i librai che vengono da Pontremoli in Lunigiana, i famosi pontremolesi; ci sono le prime librerie Feltrinelli e quelle che nascono, soprattutto in Emilia, per conto dei partiti di sinistra; nel Sud, ci sono le iniziative benemerite di qualche pioniere. L’Italia vive la trasformazione pi profonda della sua storia moderna: dall’agricoltura all’industria, dalla campagna alle citt. Arrivano l’automobile, la televisione, la scuola dell’obbligo. Arrivano, nella valle del Po, i librai pontremolesi con le loro bancarelle; qualcuno, addirittura, analfabeta, ma riesce a distinguere i libri dalle copertine. Quando parla dei pontremolesi, dei Tarantola, dei Lorenzelli, dei Giovannacci, dei Lazzarelli, dei Fogola… a Cerati brillano gli occhi. I pontremolesi arrivavano con le bancarelle e in qualche caso con delle semplici ceste piene di libri; l’obiettivo era tirarsi sotto il tetto, cio aprire un negozio stabile, e lo raggiungevano nel giro di qualche mese, al massimo di qualche anno. Non erano persone colte, ma come librai erano imbattibili. Bravissimi a vendere ci che al va, il loro orgoglio era per il magazzino. Guadagnavano e investivano in libri. Quando ricevevano la visita di un altro pontremolese, dicevano: gli ho fatto vedere il mio magazzino, e quasi gli veniva un colpo….

Il rapporto con gli scrittori: Contrariamente a quanto pensano alcuni, Cesare Pavese era un uomo molto attento a ci che gli si diceva, e anche molto gentile. Una volta eravamo per strada: io avevo la mia borsa personale e avevo anche la valigetta con il campionario dei libri… A quell’epoca, avevamo il campionario delle copertine da far vedere ai librai. Pavese mi prese la valigetta, disse: questa te la porto io. Un’altra volta eravamo da Simone, che era un’osteria in via Stampatori, e io gli proposi di pubblicare le commedie di Eduardo De Filippo. Lui scosse la testa; poi, per, seppi che aveva chiesto un parere a Muscetta, e poi Einaudi pubblic De Filippo…. Gli chiedo com’era Calvino da giovane. Io, Calvino l’ho conosciuto nel 1970, quando gi era impegnato a recitarsi nella parte di Calvino… Era un furetto. Aveva sempre qualcosa da fare ed era bravissimo nel cogliere il centro di una questione, nel riassumerne gli aspetti pi salienti. La chiarezza e la sintesi erano le sue virt.

Parliamo di Elsa Morante (una donna molto malinconica), di Sciascia (aveva il complesso di non sentirsi amato dalla casa editrice), di Bassani, di Testori, di Rodari, di Primo Levi e perfino di Tomasi di Lampedusa. Un Tomasi di Lampedusa intravisto in un caff di Palermo mentre sta scrivendo…

Il tempo passato e ci sono ancora due domande che devono assolutamente essere poste. La prima : come ha potuto la pi prestigiosa casa editrice italiana fallire per motivi economici? Il mercato cresceva – mi risponde Cerati – e il nostro capitale azionario era assolutamente insufficiente per finanziare la crescita. Dipendevamo dalle banche, con il costo del denaro fino al 18 per cento. Pi vendevamo, pi perdevamo. Sembra un paradosso, ma ci che successo.

Seconda domanda obbligata. Come si sente l’alter ego di Giulio Einaudi, all’ombra di Mondadori e di Berlusconi? Non ci sono inquietudini n difficolt, almeno per il momento. Non ci sono inquietudini perch il progetto editoriale non sottoposto a pressioni esterne; e non ci sono difficolt, perch la politica gestionale del gruppo Mondadori stata uno stimolo indispensabile per la crescita della casa editrice.

SCHEDA
Roberto Cerati
, presidente dell’Einaudi dal 1999, quando mor il fondatore, stato per decenni l’anima segreta della casa editrice, il direttore commerciale che ha sempre privilegiato il catalogo, il teorico della piccola ristampa e della diffusione a macchia d’olio sul territorio negli anni Settanta, quando lo Struzzo deteneva un potere culturale incontrastato. Si erano incontrati, lui e Giulio Einaudi, nel ’45 a Milano. L’allora giovane editore gli propose semplicemente di provare a vendere qualche libro, Cerati cominci a girare l’Italia in treno, libraio per libraio, e non si ferm pi. Divenne l’alter ego del principe.
Si dice che nella celebre riunione del mercoled non parlasse quasi mai, limitandosi a consultare i suoi fogli. Poi c’era, al gioved, il faccia a faccia tra lui e Einaudi. Discutevano di titoli, prezzi, e soprattutto di quali libri spingere. Era quella la riunione pi temuta da autori e redattori, dove ci si intendeva con poche parole. In questa sede, ad esempio, Cerati convinse Einaudi a lanciare La storia di Elsa Morante, in tascabile a basso prezzo (2 mila lire nel ’74): una delle prime strategie di marketing moderno.

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