Intervista ai “Sabot”

Raccontiamo le storie che vengono taciute

Milanonera incontra i Sabot (Ciro Auriemma, Piergiorgio Pulixi, Michele Ledda e Renato Troffa) in occasione dell’uscita di Donne a Perdere (E/O), un volume che riunisce, per la prima volta, i romanzi di tre autori differenti.

Nella prefazione a questa innovativa raccolta Massimo Carlotto afferma che “il noir è sovversione per eccellenza”, e che la sperimentazione è d’obbligo per creare un forte legame tra letteratura di genere e realtà; cosa c’è di sovversivo e sperimentale nella composizione dei vostri romanzi?

Non pensiamo che la realtà in cui viviamo si conformi allo schema classico del romanzo poliziesco: crimine – indagine – soluzione del caso, come riaffermazione dello Stato di diritto. Crediamo che i fatti dimostrino, piuttosto, il contrario. Non solo, crediamo che i romanzi contengano delle inchieste e delle denunce di cui il mondo dell’informazione non si occupa, a volte troppo impegnato a dar spazio a casi che non sono in grado di spiegare le grandi mutazioni criminali che avvengono nel nostro paese. Fin dalle prime presentazioni (così era accaduto anche per Perdas de fogu) abbiamo visto le persone indignarsi, chiedere informazioni, rifiutare che lo stato delle cose sia quello che ci fanno apparire i mezzi di informazione quotidianamente. I romanzi diventano così degli strumenti di aggregazione, dei “poli di attrazione”, grazie ai quali creare rete e comunità. Non ultimo, il libro stesso è una sperimentazione, visto che per la prima volta nella letteratura italiana tre romanzi differenti ma uniti da un filo conduttore comune, “convivono” in un unico libro.

Dalla vostra narrazione trasuda una grande ricerca sul territorio anche quando non è esattamente specificato un luogo; secondo voi la criminalità organizzata e globalizzata come riesce ad insinuarsi e a trasformare i territori che avete affrontato nelle Vostre inchieste?

Le mafie sono ormai transnazionali. Dove è conveniente allearsi lo fanno superando qualunque steccato culturale e nazionale. Questo consente loro di essere molto più avanti nella cultura della globalizzazione di quanto non siano invece i singoli Paesi. D’altronde, parliamo della prima “azienda” del nostro paese con un fatturato di ben 130 miliardi di euro, realizzato grazie a interessi piuttosto ramificati – traffiking, usura, prostituzione sono quelli su cui ci siamo concentrati in questo lavoro ma solo alcuni degli interessi delle criminalità organizzate – che richiedono poi un ulteriore impegno per riciclare questi capitali. Ovunque ci sia la possibilità di trarre profitto, e in tutti quei casi in cui c’è la possibilità di far rientrare nel ciclo economico i capitali che provengono da tali attività, le mafie nutrono un interesse. La Costa Smeralda è uno di questi luoghi ma può diventarlo la Val di Susa con l’alta velocità. Le grandi opere, in generale, riscuotono un grandissimo interesse da parte della criminalità. Ciò ovviamente produce profondi mutamenti nei territori su cui la malavita può estendere la propria influenza: grandi opere e riciclaggio, una delle più grandi fortune per la criminalità organizzata.

I vostri romanzi appaiono assolutamente indipendenti e con stili narrativi ben identificati; quale linguaggio o scelta comune sta alla base dell’optare per la pubblicazione in un unico volume?

Siamo cresciuti insieme come gruppo unendo esperienze comuni, consigli, suggestioni, letture, ecc. ma anche cercando di mantenere sempre un’identità letteraria personale. Quando però ognuno di noi ha scritto la propria storia e successivamente l’ ha fatta leggere agli altri, ci siamo resi conto che i tre romanzi, oltre ad appartenere tutti al noir mediterraneo avevano anche un altro punto in comune: da diverse angolazioni, parlavano di donne vittime di una società che ha uno sguardo profondamente maschilista, che provavano a ribellarsi in qualche maniera, venendo tuttavia inghiottite dal sistema. Effettivamente, in questo preciso momento socio-politico, il problema dell’attacco quotidiano mediatico e sociale contro le donne è di un’attualità bruciante, e queste storie vanno raccontate. Queste riflessioni hanno portato infine alla scelta di pubblicare i tre romanzi insieme, in modo che il messaggio che volevamo lanciare avesse più risonanza possibile. Inoltre, il fatto che venissimo da un’esperienza collettiva precedente ci ha portato a vedere questo libro come un passo ulteriore nel percorso di scrittura iniziato con Massimo, che prosegue con questo progetto “Sabot”. L’obiettivo è quello di unire storie di ampio respiro con forti passioni ed emozioni ad inchieste critiche sulla nostra società, riversando in un libro solo tutta la nostra rabbia e l’indignazione per i temi trattati, veri carburanti della nostra macchina narrativa.

I personaggi che avete costruito hanno una comune doppiezza, e una voglia di affrancamento sociale molto forte, disperati e ricattati cadono nel baratro, aprono gli occhi al lettore sul mondo. Che persone vorrebbero incontrare invece nella vita reale i Sabot?

La nostra idea di scrittura è quella di raccontare storie che vengono taciute, di proporre al lettore un racconto che si svolga in una realtà ben determinata, che possa descrivere l’ambiente e i fenomeni sociali nei quali viviamo. Per fare questo, i personaggi dei nostri romanzi devono essere persone il più possibile reali, e quindi avere una loro complessità. Uno degli obiettivi del Noir Mediterraneo è quello di seminare dubbi e smascherare alcune finzioni che servono a nascondere i problemi della nostra società. Quindi a noi piacerebbe (e piace) incontrare, nella vita reale, persone che si pongano dubbi, che si facciano domande, e che magari, come è capitato durante le presentazioni di Donne a Perdere (e prima ancora di Perdas de fogu), partano dal nostro romanzo per manifestare una sincera indignazione.

Che significato ha per Voi appartenere ad una letteratura di genere, il Noir Mediterraneo, in continua evoluzione?

Il Noir Mediterraneo è un genere che necessariamente deve reinventarsi di continuo per continuare a essere in grado di raccontare le mutazioni della società e della criminalità. Le nostre esperienze di scrittura hanno avuto questo in comune: destrutturare per prima la nostra stessa percezione della realtà. Poi il rapporto con i lettori, continuo e serrato, è una costante fonte di stimoli. Questo non può lasciarci indifferenti, e ci porta a dover riconsiderare di continuo i nostri modi di pensare. Ma questo, in definitiva, è uno dei motivi per i quali ci piace muoverci secondo le coordinate del Noir Mediterraneo: per poterci confrontare con i problemi ed i dubbi dei territori nei quali ci muoviamo.

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