Il botto – Emilio Martini



Emilio Martini
Il botto
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Le indagini del commissario Berté
E dodici avventure, sissignori siamo arrivati alla dodicesima avventura del lungocrinito e fumino commissario Bertè e stavolta , solo per festeggiare l’uscita come merita,  al posto di torta e champagne o magari un bel mazzo di rose rosse, ci sarà una letteralmente un’esplosiva sorpresa ligure, condita dal minaccioso ritorno di un fantasma dal passato.
Ma andiamo per ordine.
Chiusi in un certo senso nel precedente capitolo tutti  i conti del nostro eroe con il passato, anche e per forza con l’aiuto della strizzacervelli e superata con prudenza la prima minacciosa ondata di Covid, con la  squadra di polizia di Lungariva, capitanata da Bertè sempre al pezzo, la Liguria prova a respirare  e a rialzare la testa. E sissignori  la pensione di Marzia affigge persino orgogliosamente  il cartello esaurito.
Mattina ore 10,30,  e Gigi, in ferie in quella assolata domenica di agosto con i turisti ancora in giro con la mascherina, vagava sfaccendato per il mercato fino a quando…
«La luce del sole, balenata tra le tende di una bancarella, aveva illuminato un volto. Solo quello. Dei molti che giravano oziosamente per il mercato, l’improvviso bagliore aveva colpito solo quel volto…» .
Il commissario con  uno scatto da centometrista, travolgendo sul suo  cammino due anziani con la borsa della spesa, raggiungeva la bancarella e chiedeva in giro di  quel benedetto volto, insomma di quella persona detta anche per  il colore dei capelli e l’ avvenenza, il Beato Angelico, ma…  se, mai c’era stato, aveva già fatto in tempo a dileguarsi. Insomma, probabilmente  Bertè  aveva solo visto qualcuno che assomigliava a un brutto fantasma del passato che gli aveva giurato vendetta.
Non gli restava che tornare indietro, scusarsi con gli anziani turisti travolti poi,  lasciandosi alle spalle il mercato,  raggiungere la banchina del porto posando lo sguardo su le barche e i motoscafi all’attracco. Insomma, una normale domenica agostana di Lungariva fino a quando: un’incontro con una bella signora, Marinella Solari, accanita velista ma anche  buon’ amica della libraia di Marzia, gli frutterà un inatteso invito a fare un giro in barca a vela . Certo che la proposta sia  fatta solo per  cortesia, senza secondi fini, si convince,  lui pur totalmente digiuno di confidenza marinara, ad accettare. A conti fatti,  non ha nient’altro da fare: la Marzia è presa con il lavoro fino al collo, l’ingombrante cucciolone San Bernardo può rimandare la passeggiata e nel frattempo   tranquillamente scorrazzare nel giardino della  pensione Aurora.
Dopo avere informato la nocchiera della sua assoluta ignoranza nautica, sale coraggiosamente a bordo  della barca, ormeggiata in pontile,  un Oceanis 30.1 con bene in vista a poppa il nome Antigone, rifugiandosi a poppa e  lasciando alla sua gentile ospite tutte le incombenze della navigazione. Piacevolissima, con un bel vento tirato fino a quando, dopo una virata per evitare la rotta del traghetto e un semiruzzolone con testata del poco marinaio commissario Bertè,    l’improvviso accostamento di un motoscafo Riva trasformerà  la sua  uscita in mare in vero incubo… Il brusco accostamento da sinistra infatti  del  Riva, con alla guida  un uomo che alza il braccio per salutare Marinella, sarà subito seguito da una detonazione assordante, uno spaventoso botto insomma, che annuncia l’esplosione del motoscafo.  
Berté si troverà  in acqua in mezzo ai detriti,  a bere ed ad annaspare con i vestiti addosso, poi   mettere la testa fuori  per poi ripiombare  sotto  e riuscire infine a  risalire faticosamente sullo scafo sdraiato sul fianco, con le vele in acqua..  Con la testa che batte e gli ripete mulinando: meno male che il  motoscafo non era andato a saltare in aria  vicino al traghetto che è appena passato. sarebbe stata una strage!
Lui per sua fortuna ne esce bagnato fradicio e qualche ferita, poco più che graffi di poco conto,  ma non così la sua sfortunata compagna di avventura, che scaraventata contro l’albero, verrà ricoverata con la testa rotta in rianimazione  all’ospedale, né, è evidente, il pilota del motoscafo, dilaniato dall’esplosione.
Insomma, visto l’epico nome della barca della Solari : Antigone che ci rimanda a Sofocle e a i suoi versi, parrebbe proprio che stavolta Gigi Berté volente o nolente sia  finito quasi  da interprete  protagonista in mezzo a una specie di  tragedia greca….
A terra,  dopo avere rassicurato il prefetto, confortata la squadra, rincuorata la Marzia, e fatta una corsa a casa per una doccia e cambiarsi, graffi e lividi a parte  non andrebbe poi malaccio. Anche se a complicare la vita del povero Berté ci pensa  subito  la sua coscienza Bastarda, accompagnata da  una bella emicrania. Infatti  scartata praticamente subito l’ipotesi di una causa incidentale, con l’appoggio della Graffiani, pubblico ministero sempre al pezzo e per fortuna di turno quel giorno,  diventerà presto evidente che si tratta di un attentato e quindi di un’omicidio. Ma  su indicazione e scrupolo  di Bertè, che si immagina un  potenziale bersaglio,  si va a cercare il delinquente  dal viso d’angelo, esperto dinamitardo che il nostro commissario  ora è sicuro di aver visto al mercato  prima dell’attentato. Si scoprirà che l’uomo, in libertà vigilata a Milano, da due giorni è uccel di bosco. Mirava a uccidere Bertè? Ma  come faceva a prevedere quella  gita in barca decisa solo all’ultimo momento?  No il bersaglio era proprio la vittima, il proprietario del motoscafo, Vittorio Cella.   Le indagini delle questura e in seguito anche  dell’esperto maresciallo Fucci della Tributaria  si focalizzano su di lui che si rivelerà  un faccendiere, divorziato con una figlio venticinquenne che lavorava in Inghilterra e non vedeva mai.  Un uomo  che batteva giri poco puliti, dalla vita  sregolata,  con un burrascoso passato anche come imprenditore. Un bugiardo cronico  che vantava affari internazionali,  fantasmagorici investimenti per milionari, residence in Mozambico,  guadagni legati a  circostanze poco chiare, più furti che affari,  descritto da  tutti coloro che lo conoscevano, amici e famigliari, come una persona assolutamente irresponsabile pur dotata  di empatia. disponibilità e  generosità d’animo.
L’inchiesta di per sé appare ingarbugliata,  un vero  mistero costellato da colpi di scena. Dell’entourage della vittima  salteranno fuori poi  oltre a  moglie e figlio con tutt’altri interessi e  in altre faccende affaccendati, uno strano zio afflitto dalla sindrome di Lazzaro, ricchissimo ma gretto e asociale, e una ragazza, una ballerina trentacinquenne  che si presenta accompagnata dal  fratello e da una bambina di pochi mesi, sua  figlia naturale e della quale vorrebbe il riconoscimento.  Ma chi  di loro poteva avere un motivo per desiderare e  organizzare la sua morte. Mah ?
E allora  bisogna allargare il tiro, spulciare a fondo ogni possibile pista  e cercare altrove. Perché quell’attentato è stato come un mostruoso marchingegno a orologeria, provocato da un’inquietante e insana  vendetta. 
E non basta intuire come, perché per sbrogliare il mistero Berté dovrà  ricorrere ai suoi sistemi  fantasiosi decisi per arrivare finalmente a scoprire la  verità.

Patrizia Debicke

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