Il cacciatore di tarante – Martin Rua



Martin Rua
Il cacciatore di tarante
Rizzoli
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Martin Rua, giovane autore napoletano che sa unire magistralmente storia, esoterismo e thriller, ci regala una nuova opera: Il cacciatore di tarante ambientato nel 1870.
Dopo Parthenope Trilogy e Prophetiae Saga, Rua si cimenta con una storia ambientata in una cittadina del Salento, Ariadne, a metà tra la modernità portata dal governo di Firenze e l’arcaismo dei riti legati al morso della taranta.
In questo luogo i due protagonisti del libro, il torinese ispettore di pubblica sicurezza Giovanni Dell’Olmo e il napoletano medico chirurgo ed esperto in tossicologia duca Carlo Caracciolo de Sangro, sono chiamati a indagare sulle strane morti per morso di taranta di cinque donne, braccianti nella masseria del barone Pisanelli.
I due personaggi si portano dietro i loro fantasmi e le loro ossessioni che per il torinese sono rappresentati dall’Imbalsamatore, un feroce serial killer sfuggito alla cattura a Torino per un soffio e per il napoletano un dramma famigliare avvenuto trent’anni prima proprio ad Ariadne che lo ha privato della madre.
L’ispettore incarna il vero funzionario sabaudo ligio alla legge e diffidente di tutto ciò che il meridione rappresenta e il medico è un nostalgico del regno borbonico e considera il torinese un borioso burocrate.
Entrambi si ricrederanno nel corso del libro sviluppando oltra a una forte alleanza anche qualcosa di molto simile all’amicizia.
Ariadne insieme con gli olivi e il frumento custodisce anche una oscura e misteriosa maledizione: Malombra, una taranta gigantesca che rappresenta il male assoluto, si ripresenterebbe ogni trent’anni a esigere un pesante tributo di sangue. Dopo la morte di cinque sue lavoranti il barone Pisanelli richiede al ministero l’intervento di un esperto di veleni e di un valente investigatore per stabilire senza ombra di dubbio se le morti sono dovute al morso di taranta. I due prescelti dovranno lavorare tra l’ostruzionismo delle autorità locali: il maresciallo dei carabinieri, il medico condotto, il parroco, il sindaco più preoccupati di salvare i loro privilegi e le loro tresche clandestine che a risolvere il mistero e la presenza incombente del Male che è più vicino a loro di quanto pensino.
Preciso, gustoso e verosimile è l’uso del dialetto, oltre al salentino l’autore mette sulla bocca di Dell’Olmo parole in piemontese e alcuni personaggi parlano in napoletano, come del resto c’era da aspettarsi in quel tempo in cui la lingua italiana era conosciuta solo da una piccola parte della popolazione
Pregevole è la ricostruzione storica del Salento a dieci anni dall’unità d’Italia che restituisce un senso di mistero legato ad antichi culti e leggende di cui oggi si hanno solo echi folkloristici.
In conclusione Il cacciatore di tarante è un libro da assaporare per la trama avvincente e per l’uso del mistero che non è mai fine a se stesso, ma che alla fine trova una spiegazione fin troppo umana.

Rita Garzetti

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