Chi l’ha detto che mescolando insieme saga familiare, thriller, storia, spy stories e Medio Oriente scaturisce soltanto un enorme “pastiche”?
In “Il cimitero del mare”, ed. Marsilio, Aslak Nore ha saputo miscelare elementi e generi letterari molto diversi in maniera brillante, dimostrando che gli steccati dei generi possono essere abbattuti e la prospettiva è sempre più quella di una scrittura libera di spaziare, senza più imbragature, che ha il solo obiettivo di raccontare storie. Peraltro, il nostro (Nore) ci ha messo del suo attingendo alla sua vita privata, visto che cresciuto a Oslo, ha studiato scienze sociali a New York, si è unito ai reparti speciali dell’esercito norvegese in Bosnia, ha vissuto in America Latina, ha lavorato come giornalista in Iraq e Afghanistan, e adesso vive in Provenza.
Ma torniamo al romanzo. La storia ha come punto di riferimento il naufragio dell’espresso costiero affondato il 23 ottobre 1940, fatto realmente accaduto, in cui perde la vita Thor Falck, detto il Grande, noto armatore della potente famiglia che ha segnato la storia del Novecento in Norvegia, ora divisa in due rami: quello di Oslo sempre sulla cresta dell’onda e quello di Bergen caduto in disgrazia. Il libro ha come primo quadro la guerra in Libano e un articolo di John Berg (giornalista, spia e chissà cos’altro, un po’ un alter ego dell’autore) sul medico Hans Falck, membro del ramo caduto in disgrazia, che salva la vita di un bambino nel campo profughi di Shatila nel 1982. Segnatevi questi due nomi perché avranno un’importanza fondamentale nello sviluppo di tutta la storia.
Ovviamente tra i due rami della stirpe dei Falck non corre buon sangue. Un rapporto basato su sospetti, accuse, odio, che diventa ancora più aspro con la morte dell’anziana matriarca Vera, un tempo famosa scrittrice, ritrovata dalla nipote Sasha sfracellata sugli scogli sotto lo strapiombo dove sorge la sua residenza. Vera, che aveva smesso all’improvviso di scrivere tanti anni prima, è detentrice di due grandi misteri. Innanzitutto un vecchio manoscritto mai dato alle stampe a cui aveva lavorato in silenzio per molti anni in cui sembra che raccontasse del naufragio in cui, durante la Seconda guerra mondiale, aveva perso la vita il marito, pagine che nessuno ha mai potuto leggerle. E poi c’è la sparizione del suo testamento, che risulta introvabile, e che lei aveva ritirato dal notaio il giorno prima di morire.
La nipote Sasha si mette sulle tracce di entrambi, accompagnata nelle ricerche dal giornalista John Berg, liberato da una prigione curda e ingaggiato da Hans Falck. Il padre cerca di dissuaderla, ma lei è decisa a rivelare segreti che potrebbero scuotere dalle fondamenta il potere costruito dalla dinastia in oltre mezzo secolo. La nonna l’aveva avvisata: la verità che vuole portare alla luce è in conflitto con la lealtà verso la famiglia.
Tante le variazioni e gli intrecci, oltre alle domande senza risposta, in cui si dipana la storia. Perché una scrittrice di successo smette improvvisamente di scrivere? Quali segreti nasconde la Saga (nome curioso all’interno di una saga familiare), la potente società dei Falck? E che ruolo giocano nelle vicende l’espresso costiero naufragato nel 1940 o i tanti focolai di guerra in Medio Oriente?
Aslak Nore fa lo slalom tra affari poco limpidi, odii che si consolidano, un’eredità a un certo punto contesa, tradimenti, servizi segreti (ufficiali, nascosti e deviati), personaggi ambigui, vicende indicibili, rispettabilità di facciata, menzogne storiche. La sua abilità è quella di riuscire a mantenere sempre alto il livello della tensione, grazie a una scrittura
molto fluida, direi giornalistica, in grado di surfeggiare tra vicende con caratteristiche apparentemente molto diverse tra loro, ma che rappresentano il vero collante per raccontare una storia appassionante. Al di sopra dei generi e in maniera trasversale.