Partiamo proprio da questa prima considerazione: come spieghi l’attuale successo del genere giallo?
Credo che il genere giallo, oggi, abbia un successo che si è guadagnato con il tempo e non con poca fatica. Se pensiamo che il periodo fascista imponeva paletti e limitazioni da parte della censura ai romanzi scritti in Italia e quelli esteri che venivano tradotti. Perché attrae? Mi trovo d’accordo con Massimo Carlotto quando sostiene che il giallo rappresenta la realtà sociale, politica ed economica che ci circonda. E, mi permetto di aggiungere, non fa sconti. Il giallo non usa “filtri” nel fotografarla, difficilmente fornisce alibi. Io lo amo come genere perché mi permette di affrontare, comunque, diversi argomenti che non sono strettamente correlati al puro omicidio da risolvere. Posso accompagnare il lettore nelle città che amo e mostrargli perché, posso parlare d’amore, di potere e di ambizione ma soprattutto, credo sia un genere che più di altri mi permette di scavare nella psicologia umana dei personaggi, rendendoli estremamente reali. E questa è una cosa che m’intriga molto.
Com’è nata la passione per la scrittura?
La passione per la scrittura è nata con me. Si è palesata con la voglia di imparare a scrivere e a leggere ben prima di andare a scuola, desiderio che madre ha assecondato aiutandomi facendomi scrivere le prime parole su un quaderno con l’Orso Yoghi. Amavo scrivere i temi e per il giornale della scuola. Poi nel 2015 ho conosciuto una scrittrice torinese Patrizia Durante, lei è stata la prima a leggere qualche racconto e a dirmi di provare ad azzardare di più.
In qualche modo entri nelle dinamiche consce e inconsce dei personaggi e criminali di cui racconti. È un’esperienza difficile?
Rido. In questo periodo ho lavorato al quarto romanzo, il mio consulente: un sovrintendente della Polizia di Stato, mi ha detto che le parti in cui la voce del killer è predominante sono le sue preferite perché molto reali. Ha aggiunto che trovava la cosa anche piuttosto inquietante. Al di là di quello, sai che non so dirti? Molti dei miei personaggi sono ispirati da persone reali, che conosco e con cui interagisco. Per quelli che invento, per così dire, credo che mi aiuti l’empatia. Non ho mai trovato grandi difficoltà nell’immedesimarmi.
In che maniera è nata nella tua mente la protagonista dei tuoi gialli?
Ho attinto dalla mia esperienza personale, e dal mio carattere. Ne ho però accentuati i pregi e, per certi versi, enfatizzato i difetti. Poi il personaggio dopo un po’ prende una propria dimensione, non mi sono sempre trovata d’accordo con le scelte o gli atteggiamenti di Cloe Damiani.
Credo che il giallo oggi racconti anche un territorio. Tu sei veneta ma ambienti i tuoi romanzi anche in altri luoghi tra cui il Piemonte; quale immagine del territorio italiano e degli italiani esce dai tuoi libri?
Spero buona. Mi spiego. Ogni realtà ha le sue luci e le sue ombre, dal paesino sperduto nella provincia bellunese a una città come Torino. Spero di mostrarne le sfumature sempre con obiettività ma che esca anche l’affetto che provo. Se decido di ambientare una storia in un certo posto è perché ha con me un legame affettivo.
La scrittura ha affinato il tuo approccio ai problemi della vita e in quale misura ha cambiato la tua visione degli altri e del mondo?
La scrittura ha cambiato sicuramente il mio modo di ascoltare. Sono molto più attenta sia a cosa viene detto che al come, la postura e l’atteggiamento molto spesso dicono più della voce. Quindi, rispetto alla visione degli altri, credo mi abbia reso più partecipe e vigile. Ricordo che un dialogo che compare sul secondo romanzo: L’istinto del gatto, l’ho ascoltato camminando sotto la Mole Antonelliana durante le feste di Natale di alcuni anni fa.
Stessa cosa vale per come guardo la realtà o il mondo, come lo chiami tu, che mi circonda. Vedo ambienti e penso: “questo posto sarebbe bellissimo per piazzarci un morto”, la mia psicologa mi ha rassicurata dicendomi che è solo creatività, nulla di cui preoccuparmi. Oppure vedo foto di case che penso sarebbero l’abitazione ideale di Sveva, un personaggio ancora embrionale. È come se una parte della testa fosse costantemente legato alla scrittura.
Per ciò che concerne i problemi della vita e le eventuali risoluzioni non saprei dirti. Certo, i miei killer una soluzione la trovano sempre e pure piuttosto risolutiva, ma non credo siano da prendere ad esempio.
Prossimi appuntamenti altri libri in cantiere, partecipazioni, collaborazioni?
Sono prossima alla consegna del nuovo romanzo alla mia agente: Antonia Del Sambro e, dopo l’editing, inizierà l’attesa. Che si sia una esordiente o un’autrice al quarto romanzo la procedura non cambia. Nel frattempo ho qualche progetto confermato per l’autunno e stiamo attendendo la conferma delle date per alcune presentazioni de L’Enigma del Gatto. Insomma, ci si tiene in movimento!